giovedì 3 novembre 2011

Scott Matthew - Gallantry's favorite son

(Pubblicato su Extra! Music Magazine)


Se il secondo disco è sempre quello più difficile nella carriera di un'artista (Caparezza docet), il terzo è altrettanto insidioso. Se con il secondo si deve infatti dimostrare di non essere un'effimera bolla di sapone, replicando spesso a un debutto incensato dalla critica come un piccolo capolavoro, è con il terzo album che si esprime spesso una raggiunta maturità artistica, nonchè una consolidata formula sonora. Ebbene, Scott Matthew con questo Gallantry's Favorite Son riesce egregiamente in entrambe le cose.Il cantautore australiano coniuga sapientemente un tenue indie-pop con la malinconia tipica del folk, in un album dove a prevalere sono i toni scuri e l'introspezione. Un disco nel quale sono gli strumenti a corde e le tastiere i veri protagonisti, mentre il lato prettamente ritmico è affidato a saltuari ma ben calibrati interventi di bizzarre percussioni, mai invasive e sempre al servizio della canzone. Le iniziali Black Bird e True Sting, sono ben esemplificative del lato più introspettivo del lavoro, con gli archi e le tastiere che si intrecciano tra loro, arricchendo la voce di Matthew, che riveste ruolo di vero e proprio strumento. Il nostro infatti ha approntato un impianto musicale parco e acustico, nel quale è spesso proprio la sua voce a risaltare per espressività diventando veicolo principale della sua musica. Apre ad atmosfere più solari, la giocosa Felicity, per fischiettii, violini, percussioni e chitarra, così come Devil's Only Child, dove fa la sua comparsa anche un clarinetto. Malinconica ballata è invece Duet, nella quale Matthew imbraccia il suo amato ukulele, che ben si amalgama con la chitarra acustica e con l'arpa, in un brano dall'alto tasso emotivo. Buried Alive è un acquerello acustico per sola chitarra e voce, con cori dall'afflato quasi gospel, così come Sinking per soli piano e ukulele, con un'interpretazione quasi sussurrata da parte del cantautore australiano. The Wonder Of Falling Life è sontuosa, a tratti quasi bacharachiana, segno di un ottimo lavoro sia in fase di composizione che di produzione, quest’ultima affidata all’esperto Mike Skinner. Sweet Kiss In The Afterlife ci mostra come, spesso, il togliere anzichè l'aggiungere può portare alla nascita di piccoli capolavori acustici. Seedling e Sweet Kiss In Afterlife tornano ad esplorare i meandri più profondi dell'animo di Matthew, che canta con sofferente trasporto. Chiude il disco la divertente, quasi doo wop No Place Called Hell, con ancora il fidato ukulele sugli scudi, accompagnato solamente da uno shaker, con azzeccati cori di sottofondo.
Un lavoro questo Gallantry's Favorite Son, non immediato, che necessita di un ascolto attento, ma che una volta dischiusosi saprà mostrarsi in tutta la sua cristallina purezza.




                             

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