domenica 30 ottobre 2011

Jd McPherson - Signs and signifiers

(Pubblicato su Rootshighway)

Arriva da Tulsa, Oklahoma, JD McPherson, e Signs and signifiers segna il suo debutto discografico. Un album, quello approntato dal nostro, che rispecchia i propri amori musicali attingendo alla fonte del r'n'b e del primo ruspante rockabilly, il tutto registrato con strumenti analogici per recuperare le sonorità dell'epoca. Sono proprio le scelte sonore del disco a sorprendere: grazie all'utilizzo di un vecchio registratore a nastro Berlant degli anni '60, si è riusciti a ricreare quella magia sonora che permeava luoghi ormai leggendari come gli studi della Sun o della Chess. Non sono solamente i suoni a sorprendere, in quanto McPherson è anche autore di vaglia e possiede una voce roca ed espressiva, che non ha nulla da invidiare ai più blasonati esponenti del genere. Inizio al fulmicotone con il rock'n'soul di North Side Gal, dove la voce di JD ha subito l'occasione di mettersi in mostra, ben supportata dal contrabbasso di Jimmy Sutton e dalla batteria di Alex Hall; il tutto condito dagli interventi solistici ad opera del sax. Di chiara matrice r'n'r è anche la successiva Country Boy, che vede ospite al piano Scott Ligon, e basa tutto il suo appeal su di un mood rallentato e suadente. Fire Bug dal canto suo sarebbe stato il singolo perfetto per uno dei tanti rockabilly hero che infestavano le radio sul finire degli anni '50; tappeto percussivo di piano e sezione ritmica che pare un treno in corsa.
Decisamente atipica è la title track, che pare provenire direttamente da un album a marchio Chess, a nome Bo Diddley. Del fu grande Elias Bates McDaniel viene infatti ripreso quel tipico ritmo jungle, tanto che sembra di trovarsi di fronte a una versione edulcorata di uno dei brani del chitarrista afroamericano. Ridotta all'osso è invece Wolf teeth, terreno ideale per la voce di McPherson, che qui urla e sbraita come fosse posseduto dai fantasmi di Eddie Cochran e di Gene Vincent. I fiati tornano a farla da padrone in Scratching Circles, dove Jonathan Doyle e Josh Bell soffiano come ossessi nei loro strumenti. Infarcita di soul è invece la suggestiva A gentle Awakening, suadente ballata dai forti sentori sudisti, nella quale spiccano il violino di Susan Voelz e il violoncello di Allison Chesley.
Decisamente più classiche sono invece la pianistica Dime for Nickels, la fiatistica B.G.M.O.S.R.N.R. e la cover di un vecchio brano di Joey Simone Your love (all that I'm missing), con gli ottimi spunti chitarristici di Joel Paterson. I Can't Complain dal canto suo è un blues virato verso il r'n'r, che riprende le atmosfere tanto care alla città di Chicago, dove l'album è stato registrato. Chiusura in grande spolvero con l'anfetaminica Scandalous da ascoltare a tutto volume per poterne assaporare appieno l'energia. E come si dice in questi casi buona la prima; anzi ottima direi.

                        


                            

giovedì 27 ottobre 2011

Calvin Russell - Contrabendo

(Pubblicato su Rootshighway)

Ritorno in grande stile per Calvin Russell, con un doppio album live, più dvd, che ben documenta la doppia anima artistica del nostro, mostrandone sia il lato più elettrico sia quello più acustico e intimista. I due dischetti audio vertono entrambi sul lato più elettrico e riportano un concerto del 2007 in Francia, a Parigi per la precisione, dove il nostro è ormai di casa. Inizio al fulmicotone con una Are you Ready assolutamente devastante, che mette ben in mostra quale sarà il trend della serata. Semplicemente strepitosa è la successiva Free in Freedom, che dal vivo acquista in vigore ed intensità. Trattamento "on stage" che giova alla quasi totalità dei brani presentati, testimonianza di quanto il nostro sia a suo agio sulle sporche e polverose assi di un palcoscenico. Supportato da una band compatta e tecnicamente ineccepibile, Russell interpreta le proprie composizioni in maniera superlativa, grazie anche alla sua voce roca e segnata dalle tante difficoltà di una vita passata sempre dalla parte scura della strada.
Di stampo prettamente blues è la dissacrante Don't Want to Go to Heaven, tutta giocata sul'uso dello slide e sugli ottimi interventi al piano elettrico di Markus Bommer. Midnite Man è invece una notturna country ballad, con ancora il piano protagonista che ben colora la sofferta interpretazione vocale del nostro. Wild Wild West di chiara impostazione hookeriana per andamento e intenzione, ci riporta in ambito blues, virato al rock, tra pause e ripartenze per uno dei brani più trascinanti della serata. A Different people spetta invece il compito di chiudere il primo disco, spandendo nuova energia rock su di un pubblico in estatica partecipazione. Energia che pervade anche il secondo dischetto, con una The More I Know dai forti sapori rock'n'roll. Il vero picco emotivo della serata si raggiunge con la bellissima Crossroad: incipit per sola voce e chitarra alle quali si aggiungono in crescendo gli altri strumenti. Behind the 8 Ball, un altro dei suoi cavalli di battaglia vede la partecipazione alla chitarra di Paul Personne, che aiuta a rendere ancora più compatto l'impianto musicale del brano. Ritmi rallentati invece per Soldier, uno dei tanti capolavori usciti dalla penna del musicista di Austin, piccola gemma antimilitarista. Accolta da una vera e propria ovazione, Russell ne da un'interpretazione sofferta, ma nello stesso tempo quasi rabbiosa. Il nostro omaggia poi l'immenso Townes Van Zandt riproponendo un'adrenalinica Ain't Leaving Your Love. Rat and Roaches è forse uno dei miei brani preferiti di Russell e la versione qui proposta ne accresce ulteriormente il valore. Un blues tinto di rock, terreno ideale per le chitarre, libere di destreggiarsi in liquidi assoli, ben coadiuvate dal sempre ottimo Bommer al piano e da una metronomica sezione ritmica, che entra in sordina per poi esplodere nel finale. Degna chiusura della serata è I Want to Change the World, autentica manifestazione di intenti da parte del nostro, che si dimostra una volta di più uno dei più grandi rocker attualmente in circolazione.
Attestato che viene ribadito anche dal dvd, vera e propria chicca per tutti gli appassionati del musicista di Austin. La versione video, infatti, oltre a riproporre per intero il concerto di Parigi, anche se con alcuni brani in scaletta invertiti, offre anche la testimonianza di un concerto acustico tenuto sempre in terra francese, per la precisione a Issy-Les-Moulineaux, nel 2009. Se la parte video prettamente elettrica è l'ideale compendio visivo a quanto descritto precedentemente, il concerto unplugged ha il merito di mostrarci il lato più cantautorale della musica russelliana. Accompagnato per l'occasione da Manu Lanvin alla chitarra acustica e alle percussioni e da tal Nikko alla chitarra elettrica e percussioni, Russell ripropone alcuni dei suoi brani più famosi come le sempre splendide, e già citate, Soldier, Behind the 8 ball e Rats and roaches, che in versione acustica acquistano ulteriore fascino. Pur essendo prettamente unplugged, la performance è comunque trascinante e grintosa come ben si evince dall'epica Like a Revolution. Atmosfere blues si respirano in Texas Blues Again, dove alle chitarre acustiche si aggiunge un sapiente uso delle percussioni e dell'armonica. Di tutto altro stampo invece Rolling Wheel, dove i nostri rockeggiano alla grande così come in Freighted Train, uno dei momenti più alti della serata. Finale gigionesco del nostro che si lancia in spassosi passi di danza nella conclusiva Too Old to Grow Up Now. Suggello del dvd è inoltre un documentario/intervista di sette minuti. Un live Contrabendo, altamente consigliato a tutti gli appassionati di Calvin Russell, e ideale primo passo nel mondo del rocker di Austin per degli eventuali neofiti.


                         


martedì 25 ottobre 2011

Chip Taylor - Rock'n'roll Joe

(Pubblicato su Rootshighway)

"Rock and roll Joe è un progetto dedicato alla riscoperta degli eroi dimenticati della musica rock, persone che sono state e continuano ad essere fondamentali per lo spirito e la passione del rock'n'roll e che tuttavia non hanno mai ricevuto il credito che meritano". Con queste parole si viene introdotti all'ascolto di Rock and roll Joe, nuovo album a nome Chip Taylor. Un progetto nato quasi per caso nel 2007, durante un tour in terra scandinava, in cui il nostro aveva avuto modo di parlare con la propria band di quei musicisti spesso sconosciuti al grande pubblico, ma alla base di alcune delle più importanti registrazioni degli ultimi sessant'anni. Da qui l'idea di un album in grado di raccontare le loro storie. Album che rappresenta solamente l'inizio del progetto Rock and Roll Joe, in quanto parallelamente è stato lanciato anche un sito web in cui vengono menzionati alcuni tra i musicisti oggetto di questo tributo, e nel quale gli stessi ascoltatori possono aggiungere dei nomi alla già nutrita lista presente. Sono invece della partita per quanto riguarda il progetto discografico, l'amico di lunga data e chitarrista John Platania, la violinista Kendel Carson, il bassista Ron Eoff e il batterista Bryan Ownings, ai quali si aggiungono numerosi ospiti. Band che aveva già accompagnato on stage Taylor, pertanto solida e rodata, in grado di spaziare dal rock più autentico fino ad atmosfere care alla musica tradizionale americana. Vero trait d'union dell'intero lavoro è però il violino della Carson, che si cimenta senza problemi sia in ballate dal retrogusto country, che in sfrenati rock'n'roll. Alle prime appartengono senza ombra di dubbio canzoni come I'm the Law in this Old Town, Couldn't We use Some of That Now e The Van Song, nelle quali i ritmi si fanno più rilassati e viene lasciato ampio spazio alla melodia. Ovviamente è però il rock'n'roll ad essere il vero e incontrastato protagonista dell'album, sia che si tratti della sua forma primigenia, sia della sua fusione con elementi tipicamente country. Monica (These fingers move on your), rappresenta da sola la quintessenza del citato rock'n'roll, quello più muscolare e autentico, complice anche un azzeccato ritornello e un ben studiato uso delle dinamiche. Nel medesimo solco corrono I Can't Let Go e l'incalzante, nonostante l'impianto musicale semiacustico, The Union Song. In brani come The Savoy Files, Hot Rod Carson, ci troviamo invece in territorio country'n'roll, così come in Measurin, con un piano honky tonk a dettare i ritmi, e nella trascinante Sugar sugaree, in cui vi sfido a non battere a tempo il piede. Il vertice artistico ed emotivo si raggiunge però con la struggente ballata Live and die for Rock'n'roll e con la title track che meglio di ogni altra canzone esemplifica il profondo rispetto di Taylor nei confronti di questi eroi perduti. Un tributo, questo Rock and Roll Joe, fatto con cuore, sudore e anima, la cui genuinità trasuda da ogni nota.


                           

 

Romi Mayes - Lucky tonight

(Pubblicato su Rootshighway)

Deciso cambio di direzione per Romi Mayes: la cantautrice canadese, arrivata al suo quinto album, opta infatti per una sterzata verso un torrido rock blues, approntando una scaletta di brani inediti ed eseguendoli dal vivo in un concerto sold out in quel di Winnipeg, sua città natale. E qui si aprono i cassetti della memoria (come suol dire un noto conduttore televisivo) e non può non tornarci alla mente un illustre connazionale della Mayes, tale Neil Young, e il suo lavoro del 1973 Time Fades Away, anch'esso composto di materiale inedito e anch'esso registrato dal vivo. Una mossa azzardata per molti, allora come oggi, ma la Mayes può contare su una capacità di scrittura davvero sopra la media e su di una voce in grado di graffiare ed accarezzare come poche altre. Sono della partita i Perpetrators, sconosciuto blues combo di Winnipeg, che accompagnano la nostra in un excursus lungo i polverosi sentieri del blues. Una backing band solida, nella quale spicca il funambolico chitarrista Jay Nowicki, il cui interplay con la chitarra della Mayes rappresenta la vera arma vincente dell'intero lavoro.
Easy on you ha il compito di aprire la serata, con la sua rovente carica elettrica, in cui la graffiante voce della Mayes ricorda a tratti la Lucinda Williams più bluesy oriented. Ci si addentra ulteriormente nei meandri più reconditi delle dodici battute con Don't mess with me; armonica protagonista per uno shuffle in puro Chicago style, che per un attimo ci fa dimenticare di trovarci in terra canadese. La Mayes dimostra di sapere masticare egregiamente la materia in questione, sia che si tratti di brani dalle atmosfere più dilatate - Heavy Heart e Make You Love Me - che di ritmati rock blues come la title track e Can't Get You Off (My Mind). Nowicki e la sua chitarra tornano prepotentemente alla ribalta in After the show e Not My Baby, quest'ultima dal ritmo incalzante. Intensa e sofferta è invece Ball and chain, pochi accordi delle due chitarre a creare un tappeto sonoro sul quale la voce della Mayes si erge in tutta la straordinaria forza interpretativa. Chiusura tra il tripudio generale con la pianistica e rilassata I Will.
Dimenticate le terse ballate folk venate di country dei lavori precedenti, con Lucky Tonight la Mayes accentua ulteriormente la propria matrice blues; e lo fa coniugando sapientemente una penna ispirata con l'irruenza dell'esecuzione dal vivo. Non so se in futuro la chitarrista di Winnipeg continuerà su questa strada, ma certamente questo suo breve excursus ha aperto un sentiero che merita senza ombra di dubbio di essere ulteriormente esplorato.


                             



                

Comincia l'avventura da Blogger

Parte oggi la mia avventura da blogger, con questo "Music, reviews and more".
Un piccolo angolo nel grande cyberspazio di internet nel quale troveranno posto recensioni di album, concerti e molto altro legato alla musica. Conscio di non essere un novello Simon Reynolds ne tantomeno un Lester Bangs, tutto quello che scriverò sarà mosso da una grande passione per la musica nelle sue più varie sfaccettature.
Buona lettura!!