Arriva da Tulsa, Oklahoma, JD McPherson, e Signs and signifiers segna il suo debutto discografico. Un album, quello approntato dal nostro, che rispecchia i propri amori musicali attingendo alla fonte del r'n'b e del primo ruspante rockabilly, il tutto registrato con strumenti analogici per recuperare le sonorità dell'epoca. Sono proprio le scelte sonore del disco a sorprendere: grazie all'utilizzo di un vecchio registratore a nastro Berlant degli anni '60, si è riusciti a ricreare quella magia sonora che permeava luoghi ormai leggendari come gli studi della Sun o della Chess. Non sono solamente i suoni a sorprendere, in quanto McPherson è anche autore di vaglia e possiede una voce roca ed espressiva, che non ha nulla da invidiare ai più blasonati esponenti del genere. Inizio al fulmicotone con il rock'n'soul di North Side Gal, dove la voce di JD ha subito l'occasione di mettersi in mostra, ben supportata dal contrabbasso di Jimmy Sutton e dalla batteria di Alex Hall; il tutto condito dagli interventi solistici ad opera del sax. Di chiara matrice r'n'r è anche la successiva Country Boy, che vede ospite al piano Scott Ligon, e basa tutto il suo appeal su di un mood rallentato e suadente. Fire Bug dal canto suo sarebbe stato il singolo perfetto per uno dei tanti rockabilly hero che infestavano le radio sul finire degli anni '50; tappeto percussivo di piano e sezione ritmica che pare un treno in corsa.
Decisamente atipica è la title track, che pare provenire direttamente da un album a marchio Chess, a nome Bo Diddley. Del fu grande Elias Bates McDaniel viene infatti ripreso quel tipico ritmo jungle, tanto che sembra di trovarsi di fronte a una versione edulcorata di uno dei brani del chitarrista afroamericano. Ridotta all'osso è invece Wolf teeth, terreno ideale per la voce di McPherson, che qui urla e sbraita come fosse posseduto dai fantasmi di Eddie Cochran e di Gene Vincent. I fiati tornano a farla da padrone in Scratching Circles, dove Jonathan Doyle e Josh Bell soffiano come ossessi nei loro strumenti. Infarcita di soul è invece la suggestiva A gentle Awakening, suadente ballata dai forti sentori sudisti, nella quale spiccano il violino di Susan Voelz e il violoncello di Allison Chesley.
Decisamente più classiche sono invece la pianistica Dime for Nickels, la fiatistica B.G.M.O.S.R.N.R. e la cover di un vecchio brano di Joey Simone Your love (all that I'm missing), con gli ottimi spunti chitarristici di Joel Paterson. I Can't Complain dal canto suo è un blues virato verso il r'n'r, che riprende le atmosfere tanto care alla città di Chicago, dove l'album è stato registrato. Chiusura in grande spolvero con l'anfetaminica Scandalous da ascoltare a tutto volume per poterne assaporare appieno l'energia. E come si dice in questi casi buona la prima; anzi ottima direi.