giovedì 3 novembre 2011

Booker T. Jones - The road from Memphis

(Pubblicato su Extra! Music Magazine)

Quando ci si trova di fronte a una leggenda del calibro di Booker T Jones, l'imparzialità del recensore rischia di essere messa a dura prova. Sì, perchè il nostro è stato ed è tuttora un pilastro della musica afroamericana. Ogni amante del soul e del r'n'b ha sentito almeno una volta il liquido suono dell'hammond di quest'uomo. Al comando dei suoi MG's ha scritto pagine memorabili della musica nera sotto l'egida della leggendaria Stax, trasformando Memphis nell'epicentro di un terremoto musicale che negli anni'60 ha sconquassato il mondo intero. Dopo quegli anni indimenticabili il nostro ha continuato lungo un percorso, seppur frammentario, che lo ha portato infine a una seconda giovinezza artistica, grazie anche al supporto della Anti.
Se Potato Hole ne aveva segnato il rilancio, per merito anche dell'ottimo apporto strumentale dei Drive-By Truckers; questo The Road From Memphis rappresenta un ulteriore vagito di un vecchio leone che non vuole ancora smettere di ruggire. Anche se si tratta di un vagito, almeno a livello vocale, di debole intensità visto che il nostro opta nuovamente per un lavoro quasi interamente strumentale. E qui a mio avviso sta forse il punto debole dell'intera raccolta. In quanto, se Potato Hole poteva contare sulla muscolarità dei Truckers, in questo nuovo album ad affiancare Booker T troviamo i Roots, capitanati dal batterista QuestLove (produttore dello stesso insieme a Rob Schnapf). Un cambio di suono piuttosto netto quindi, più levigato e strizzante l'occhio in determinate occasioni a certo mainstream di genere. La coesione musicale tra leader e backing band spesso scivola verso sonorità di stampo prettamente modernista, con il risultato che molte canzoni finiscono per assomigliarsi tra loro.
Certamente non aiuta il limitato arsenale musicale dei Roots, con troppe poche frecce sonore a disposizione. L'inizio è però in grande spolvero con il funk modernista di Walking Papers con l'hammond a dettare i ritmi su di una pulsante sezione ritmica nella quale si intersecano spesso riff di matrice quasi hard, che hanno comunque il pregio di variegare ulteriormente il suono. La ripetitività è però dietro l'angolo ed inficia la seppur buona qualità di brani come The Hive, Rent Party e The Vamp. Di ben altro livello è Progress, dove troviamo Jim James dei My Morning Jacket, impegnato in un'intensa prestazione vocale. Representing Memphis è un'ottima ballata di stampo soul, dal suggestivo mood sonoro e con un riuscito duetto tra Matt Berninger dei The National e Sharon Jones. Alquanto banale e decisamente fuori luogo è il reprise di Crazy di Gnarls Barkley, a mio avviso un riempitivo e nulla più. In Down In Memphis troviamo invece un inedito Booker T impegnato al canto, con risultati più che discreti. Riuscita a metà è invece The Bronx dove compare Lou Reed, il quale si limita a un semplice talking ben supportato da un ottimo impianto strumentale.
Un disco difficile questo The Road From Memphis che se da una parte conferma la caratura tecnica del musicista americano, dall’altra risente di una certa monotonia a livello strumentale e sonoro. Ne ha fatta di strada il nostro partendo da Memphis, speriamo che questa svolta modernista sia solo una deviazione, lungo un sentiero impervio e difficile, e che in futuro si ricongiunga alla strada maestra.




                         

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