lunedì 28 novembre 2011

Jennie Lowe Stearns - Blurry Edges

(Pubblicato su Rootshighway)

Un'artista a tutto tondo Jennie Stearns, come ci conferma la sua ultima fatica discografica, Blurry Edges, album concepito e ultimato passo passo con una cura quasi maniacale verso ogni singolo dettaglio. A cominciare dalla produzione, che vede la nostra affiancarsi dietro al banco di regia ad Alex Perealis e al proprio tastierista Michael Stark, fino ad arrivare alla copertina, opera anch'essa dell'artista, dipinta durante la fase di missaggio del disco. Cura verso i dettagli che, unita a un pugno di canzoni intrise di atmosfere di chiara matrice folk, porta alla realizzazione di un album intenso ed affascinante. Ottima anche la scelta di sfruttare appieno, per la prima volta in studio, le potenzialità dei Fire Choir, band ormai solida e rodata, che solitamente accompagna l'artista dal vivo. Un suono, quello che pervade Blurry Edges, che attinge come dicevamo poc'anzi dalla tradizione folk americana, con un forte retrogusto country, tra lap steel, piano e chitarra acustica. Atmosfere soffuse quindi, che in alcuni casi si fanno quasi cupe, come nell'opener Shadow on the lake, ombrosa fin dal titolo, dal ritmo cadenzato, con il piano intento a contrappuntare con mirati ed affascinanti interventi la chitarra acustica della nostra. Pale blue parka è una piccola perla di rara bellezza, con una batteria spazzolata e un contrabbasso a dettare il ritmo, sul quale la voce quasi sussurrata della Stearns ben si amalgama con il controcanto di Emily Arin. Interpretazione vocale che rimane su livelli emozionali altissimi anche nelle successive e pianistiche Lose control e Frida, che hanno il pregio di esplorare il lato più cantautorale dell'artista. La lap steel di Joe Novelli ammanta di country le impalcature sonore di Grasp e Light of day, riportandoci in territori cari alla tradizione musicale americana. In from the cold è invece un piccolo e suggestivo acquarello acustico, dipinto da piano, chitarra e lap steel. Contrabbasso e batteria ci guidano nuovamente verso sonorità più tetre in Underwater dove restano ancora da segnalare gli ottimi incastri vocali tra le due voci femminili, con Stark che si destreggia da par suo al piano. Strumento quest'ultimo che torna protagonista nell'onirica Thieves, insieme alla batteria di Matt Sacucci Morano, percossa dolcemente con i mallets, creando così un alone sonoro sinuoso ed avvolgente.
Alla title track, posta in chiusura, spetta invece il compito di condensare in un unico brano tutti gli elementi sonori precedentemente descritti. Parte quasi in sordina, come un'eterea ballata, per crescere d'intensità durante il suo svolgimento fino a sfociare nel finale verso derive elettriche cariche di feedback. Ne possiede di talento Jennie Stearns e qui viene espresso nella sua totalità, mostrandoci un'artista sicura dei propri mezzi e capace di scrivere canzoni dal peso specifico davvero notevole. Un consiglio spassionato, ascoltatelo durante una giornata piovosa, il cadere della pioggia accentuerà ulteriormente le atmosfere rarefatte del disco, per un'esperienza sonora che vi lascerà senza fiato.

                       
                             

                        

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