giovedì 3 novembre 2011

Josh Harty - Nowhere

(Pubblicato su Rootshighway)

Trentatrè anni, dal North Dakota, figlio di un capo della polizia e predicatore, insieme al quale inizia a cantare musica country e gospel: basterebbe solamente la storia personale di Josh Harty per ascriverlo al nutrito elenco dei tanti "beautiful losers" che affollano la musica americana. Musicisti e cantori che dagli spazi più angusti e nascosti dell'America rurale provano a far sentire la propria voce, il più delle volte cadendo preda dell'oblio, illusi e spesso sbeffeggiati da un mercato discografico sempre meno magnanimo e sempre più legato alla logica del profitto. Il ragazzo in questione ha però classe e stoffa da vendere, che traspirano da ogni solco di questo suo ultimo ep Nowhere. Un concentrato di tutti gli ingredienti alla base della musica americana, nella più pura accezione del termine; una riuscita miscela tra folk e country, che richiama paesaggi rurali e vita agreste, in una sorta di quadro bucolico in musica. Musica acustica, per palati fini, un pugno di canzoni che cattura e conquista fin dal primo ascolto, per semplicità e bellezza. Merito senza dubbio della penna ispirata del nostro e di una voce dalla liricità strabiliante, il tutto su di un impianto strumentale nel quale a regnare è la chitarra acustica sapientemente pizzicata dallo stesso Harty.
Già dall'opener Whiskey and morphine si intuisce la caratura del songwriting del chitarrista del North Dakota, un diamante forse ancora grezzo ma che lascia intravedere una lucente purezza. La voce e la chitarra acustica sono gli elementi distintivi di un suono parco, a volte minimale, con gli interventi degli strumenti acustici sapientemente dosati, in una perfomance sofferta e vissuta, per un opening track dalla grande suggestione. Nowhere ricorda invece le sonorità care a songwriter come James Taylor, una splendida folk ballad dal sapore agrodolce, dove alla suadente voce del nostro fa da perfetto contraltare una voce femminile di indubbio fascino. Sweet Solution continua sulla falsariga delle precedenti, ma ha un incedere più marcato, grazie anche agli interventi del violino e del mandolino, ben supportati da una sezione ritmica mai invadente, contrassegnata da un contrabbasso minimale e da una batteria spazzolata con maestria.
Struggente è Yesterday, dove il mandolino di Trevor Krieger e l'accordion di Chris Cunningham si rincorrono per tutta la durata del brano, colorando ed arricchendo ulteriormente la chitarra acustica di Harty. On my Mind vede ancora il violino di Krieger in primo piano, impegnato a intessere un'avvolgente melodia intorno a uno dei brani più affascinanti dell'intero album. Il nostro dimostra di essere, oltre che a un fine songwriter, anche un buon esecutore, con la bella rilettura di 6th Avenue del conterraneo Brooks West, nella quale ritroviamo quel lirismo musicale di cui parlavamo poc'anzi, che è alla base del suono del nostro. Chiusura in solitario affidata a 1952 Vincent Black Lightning, riuscito reprise di un brano di Richard Thompson, che mette in mostra una volta di più la bravura di Harty alla chitarra acustica. Un ep questo Nowhere, intenso e ammaliante, forse in minima parte condizionato dalla breve durata, ma che non mancherà di affascinare tutti gli appassionati della musica americana di stampo acustico.

                             

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