giovedì 3 novembre 2011

Felice Brothers - Celebration, Florida

(Pubblicato su Extra! Music Magazine)

L'attesa per il nuovo album dei Felice Brothers era spasmodica. Come avrebbero reagito i nostri all'abbandono di Simone Felice? Questa era una delle domande che si poneva più di un addetto ai lavori, anche alla luce dell'ottimo progetto messo in piedi proprio dall'ex batterista, quel The Duke And The King che ha riscosso più di un giudizio favorevole. E se la vena creativa della band si fosse affievolita se non addirittura esaurita? Notizia confortante era stata senza ombra di dubbio quella del passaggio dei nostri alla Fat Possum, che aveva però contribuito ad aumentare ancora di più la curiosità generale.
Infine dopo due anni di gestazione ecco finalmente fare la sua comparsa Celebration, Florida, in grado di spazzare via ogni dubbio sul futuro della band. Registrato a New York, tra una palestra e il Beacon Theatre, il nuovo lavoro sembra riprendere le atmosfere e le scelte stilistiche che erano alla base di Yonder Is The Clock. Ampliando l'indie folk in odore di Americana degli esordi infatti, la band ha saputo creare un’esilarante amalgama tra una deviata sezione fiati, inaspettate reminescenze 80s, linee di synth di matrice quasi ambient, una batteria tribale, linee di basso marcatamente heavy, una fisarmonica e un piano schizofrenici; in grado di catturare e coinvolgere l’ascoltatore in un vortice sonoro irresistibile.
Si prenda l'opener Fire At The Pageant, una sorta di macabro talking sopra un folle impianto strumentale, dove su di un ritmo infernale irrompe un coro sguaiato. Ed è proprio questa fusione tra antico e moderno a caratterizzare quasi tutto il lavoro. Ritmi rallentati invece in Container Ship, dove al piano si unisce un beatbox dalla grana grossa. La fisarmonica di James Felice torna in primo piano nella successiva Honda Civic, che parte in sordina per poi sfociare in un'orgia di fiati. Esplicativo della trasformazione sonora dei Felice Brothers è Ponzi, non a caso scelto come singolo, che trasuda modernismo da ogni nota pur rimanendo ancorato in parte al suono familiare della band; così come Refrain, dove il ricorso all’elettronica si fa ancora più marcato. Cus’s Catskill Gym si regge su un apocalittico riff di chitarra, che ricorda da vicino quanto fatto dagli ultimi Raconteurs, alternando sferzate elettriche ad intermezzi acustici. Best I Ever Had e Dallas ci riportano invece all'omonimo esordio della band, terse ballate acustiche nelle quali la voce dylaniana di Ian si erge ad unica e incontrastata protagonista. La lunga e rarefatta River Jordan è a mio avviso uno dei migliori episodi del lotto, con un liquido Hammond a colorare il tutto. Ian e James dimostrano pertanto di non aver abbandonato la strada tracciata dai lavori precedenti, ma anzi, grazie ad un songwriting che sfiora in alcuni casi l’eccellenza, hanno aperto nuovi e suggestivi sentieri, ancora tutti da esplorare.
Un disco forse non immediato questo Celebration, Florida, ma se avete amato i precedenti dischi dei fratelli Felice, ne rimarrete ammaliati ascolto dopo ascolto.



                       

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