venerdì 5 dicembre 2014

Eric Sardinas & Big Motors @ Raindogs - Savona

(Pubblicato su Extra! Music Magazine)


Aveva lasciato un ricordo, è proprio il caso di dirlo, incendiario, Eric Sardinas, nella sua precedente sortita savonese, con la sua chitarra resofonica letteralmente data alle fiamme davanti ad un pubblico allibito di fronte ad una così veemente furia performativa. Un infuocato espediente scenico, quest'ultimo, a rendere ancor più bollente un live act dove la protagonista indiscussa rimane , per l'appunto, la sua sei corde, seviziata e tormentata senza remora alcuna, con o senza slide, in un torrido, grezzo rifferama bluesy, figlio bastardo di quello del fu grande Elmore James. Non stupisce quindi, questa sera, di trovare un Raindogs, nonostante l'allerta meteo incombente su Savona, alquanto affollato, tra reduci del passato concerto ligure del nostro, e nuovi avventori, incuriositi dagli entusiastici racconti dei primi, pronti ad accogliere il ritorno del chitarrista americano, in tour per presentare Boomerang, suo ultimo lavoro in studio. Ad aprire la serata sono i liguri Snake Oil Limited, saldamente guidati dal carismatico cantante Dario Gaggero, il quale, per movenze e timbro vocale, ricorda tanto la folle visionarietà di Captain Beefheart quanto l'imponente ululare di Howlin Wolf. Paragoni scelti non a caso, visto che Gaggero, ben accompagnato da un compatto terzetto elettrico, saccheggerà a più riprese proprio il repertorio del Lupo Ululante, prima con una demoniaca Evil, frequentata in passato anche dallo stesso Capitano Cuore di Manzo, e poi con una cavernosa Who's Been Talking?, in bilico tra i ritmi tribali del voodoo e sulfuree aperture jazzy. Notevoli anche le riprese diddleiane di una The Greatest Lover In The World, che il cantante interpreta come avrebbe potuto fare un giovane Elvis Presley in preda ad un attacco epilettico, ed una You Can't Judge A Book, tramutata dai quattro in uno sferzante, sporco rockabilly, passando per il Texas blues di Lightning Hopkins, con una sostenuta Mojo Hand. Un set senza dubbio azzeccato quello approntato per l'occasione dai genovesi, ottimo preambolo di quello che, ahinoi, si sarebbe poi rivelato essere il disastroso "main event". Accompagnato dai fidi Big Motors, ovvero il corpulento, barbuto bassista Levell Price, e l'assatanato batterista Bryan Keeling, poco dopo le 23 il chitarrista di Fort Lauderdale, cappellaccio ben calcato in testa, giubbotto di pelle rigorosamente nera, pantaloni a zampa e stivalacci d'ordinanza, fa la propria comparsa on stage. Una prima avvisaglia delle sue, non perfette, condizioni fisiche, avremmo potuto invero averla proprio nel vedere il nostro, ancora vistosamente provato da una brutta frattura ad una gamba non del tutto ristabilitasi, farsi aiutare a salire sul palco. Lo stesso Sardinas, quasi come a voler mettere le classiche "mani avanti", spiega, inoltre, come quello di stasera sia l'ultimo concerto di un lungo ed estenuante tour, e quanto lui e i suoi due compagni siano provati dal serrato ruolino di marcia dello stesso, pur promettendoci al contempo che ciò non intaccherà la consueta grinta ed intensità del loro live act. Una promessa che purtroppo per noi non verrà, perlomeno non del tutto, mantenuta, alla luce di come si è concluso il suo, infelice, ritorno in terra savonese. Il biascicare insicuro di fronte al microfono è un ulteriore indizio della sua salute alquanto precaria, minata più che dai dolori alla gamba, da problemi di ben altra, alcolica natura. La sua condizione psico-fisica, indubbiamente, alterata non sembra tuttavia, perlomeno inizialmente, pregiudicare l'andamento di un set caratterizzato da un continuo, insistito profluvio di torrido rock blues, reso ancor più tagliente dagli stridori metallici del bottleneck, e dopato ritmicamente dal devastante martellare percussivo dei tamburi di Keeling e dal roccioso vibrare delle corde del basso di Price. A subire cotanto muscolare trattamento sono brani quali una torrenziale Flames Of Love, estrapolata dall'album Black Pearls, e rigettata sugli astanti in un'annichilente, distorta tempesta elettrica, o lo shuffle alcolico Get Down To Whiskey, il cui "velato" invito viene forse preso, fin troppo, alla lettera dallo stesso Sardinas. Il chitarrista appare infatti alquanto alticcio e sempre meno in grado di articolare un discorso coerente, tanto che sembrano accorgersene, rassegnati, anche i suoi due compagni di "sventura", i quali cercano come possono di assecondarlo in alcune delle sue ebbre digressioni chitarristiche, con esiti spesso al limite dell'aberrante. E se una Can't Be Satisfied orribilmente deturpata avrà fatto rigirare nella tomba McKinley Morganfield, ancor peggiori sono i risultati quando i tre improvvisano un'improbabile omaggio strumentale a Malcom Young, encomiabile dal punto di vista umano, ma quantomeno discutibile da quello strumentale. Non bastano una selvaggia How Many More Years, a firma Chester Burnett, né una monolitica e declamatoria Trouble, presa dal songbook presleyiano, ed entrambe contenute nel succitato Boomerang, per riportare in carreggiata un concerto ormai avviatosi verso una, non certo dignitosa, conclusione. Il chitarrista, vuoi per la gamba ancora dolorante o per le massicce dosi di whiskey ingerite, appare sempre più instabile, barcollante, tanto da rovinare prima sulla batteria, facendo seriamente temere per la sua incolumità fisica, per poi abbattersi, durante una stentata esecuzione di Run Devil Run, sull'amplificatore e sulla testata, ponendo, di fatto, fine ad un concerto nato sotto i più nefasti auspici. Si scusa più d'una volta, Sardinas, conscio anch'egli, pur nella sua flebile lucidità, della non proprio "esaltante", ad essere generosi, prova di questa sera, ma davvero, fisicamente e mentalmente, non sembra più in grado di poter continuare, tanto da essere costretto ad abbandonare il palco sorretto a forza. Quella che rimane, una volta riaccese le luci in sala, è una cocente delusione, non tanto per la durata esigua della "performance" (un'oretta scarsa), quanto per essersi trovati di fronte un musicista che è parso la sfocata ombra dell'incontenibile animale da palco abituale. Nulla da eccepire, invece, sul funzionamento dei due "Grandi Motori" Price e Keeling, i cui granitici pistoni hanno cercato in tutti i modi di pompare energia e forza nella macchina sonora sardinasiana, purtroppo condotta ad arrancare, troppo spesso, fuori strada da un "guidatore" in evidente stato d'ebbrezza.



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