domenica 14 dicembre 2014

Hardin Burns - Down the deep well

(Pubblicato su Rootshighway)


Il crowdfunding pare essere diventato, in questi giorni di recessione economica, una delle pratiche più diffuse, in ambito musicale e non, perlomeno a giudicare dal proliferare delle "piattaforme" atte ad ospitare progetti culturali tra i più diversi. E' tuttavia alquanto avvilente vedere sempre più artisti costretti a chiedere un "finanziamento dal basso" per poter dare alle stampe i loro sforzi creativi, anche se tale sistema di sovvenzionamento sembra essere in alcuni casi l'unica risorsa, visti i sempre più ridotti investimenti dell'industria discografica. Non si è voluto esimere da questa collaudata pratica, anche la sigla "a due" formata da Andrew Hardin e Jeannie Burns, i quali, per poter fisicamente realizzare il seguito di Lounge, buon debutto di coppia pubblicato nel 2012, hanno deciso di ricorrere ad Indiegogo. Fissato il classico "traguardo" da raggiungere, si sono pertanto affidati al buon cuore della rete, e tale fiducia sembra essere stata ben riposta visto che in poco tempo la somma preventivata è stata raccolta, e l'album ha così potuto vedere la luce. Registrato in quel di Austin, Down The Deep Well beneficia senza dubbio della libertà espressiva donatagli da una realizzazione "autartica", attestandosi al contempo sulle medesime coordinate stilistiche del suo predecessore, ovvero un colorato patchwork Americana, dalle dense colorazioni blues. A primeggiare, per pulizia di tocco ed abilità di fraseggio sono le sei corde, elettriche ed acustiche, dello stesso Hardin, attorniato da uno ristretto novero di abili strumentisti, ovvero David Carroll al contrabbasso, Dony Wynn alla batteria e Gabriel Rhodes intento, oltre a produrre il tutto, a disimpegnarsi tra accordion, tastiere e chitarra elettrica. Un impasto elettroacustico sul quale spicca la melanconica vocalità della Burns, in grado di spaziare su più registri, passando dal talking country della funerea The Call al flebile sussurrare della soave Gentle Rain. Dal canto suo Hardin, avvicendandosi davanti al microfono, ottiene rimarchevoli risultati, specie nella title track, sussultante swamp blues, venato di gospel, rilasciando al contempo un assolo degno del più ispirato Tony Joe White. E' tuttavia quando le voci dei due titolari si alternano e si armonizzano che ci troviamo di fronte ai momenti migliori dell'album, quali la speranzosa Blooming, il fremente rock'n'blues Run, o l'elettrico trascinarsi bluesy dell'enfatica Ache. In Back Porch, la chitarra di Hardin pare invece ricordarsi dei propri trascorsi al fianco di Tom Russell, con lo spazzolare della batteria e l'accordion di Rhodes a profumare il tutto con gli aromi del border messicano. Vi è spazio anche per una nuova rivisitazione del songbook altrui (su Lounge era presente la harrisoniana Beware Of Darkness) ovvero Walkin On A Wire, tra gli apici compositivi di Richard Thompson, e qui riletta, dal duo americano, con l'apporto vocale di Terry Burns, in un più scarno, ma non meno emozionante, arrangiamento. Composizioni ben scritte, ed interpretate, quelle contenute in Down The Deep Well, una meritata, ricompensa per coloro che hanno creduto nel talento autoriale della coppia, contribuendo attivamente alla sua nascita, ma che saprà solleticare altresì le orecchie degli appassionati dell'Americana nelle sue più varie ramificazioni.




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