martedì 11 marzo 2014

Setting Sun - Be here when you get there

(Pubblicato su Extra! Music Magazine)

Quinto album per la band di Brooklyn, dalla line up, invero, alquanto labile, e ruotante sempre più intorno all'estro compositivo di Gary Levitt, di fatto la mente dietro all'intero progetto. Dieci composizioni dalla solare accondiscendenza, tra pruriti sperimentali indie rock ed elegante chamber pop, sviluppatesi in una pace melodica dove convivono, in armonia, incanto folkie, morbidezze cameristiche e puntute obliquità elettriche. Un'evanescente pastiche avente nell'esile vocalità di Livett uno dei propri tratti distintivi, intorno alla quale vengono tracciate ondivaghe trame strumentali di minimalistica suggestione, come il dondolio alternative country di Hard To Say, o l'acustico, insistito picking di Dream Next Door, con gli intarsi melodici, di stampo mitteleuropeo, del violino ad impreziosire il tutto. L'opener Got It Made, dove l'Americana viene variegata con un irresistibile flavour pop, pare invece guardare al songwriting di un'imberbe Jeff Tweedy alle sue prime prove di scrittura wilconiane, mentre incanta con la sua grazia Seasons, costruita minuziosamente sul misurato arpeggiare delle più diverse corde acustiche. Rappresentano, al contrario, il lato più “freak” della scrittura levittiana, il caustico rifferama elettrico della mantrica Week Long Nights, così come l'ovatta elettronica incorporata nella densità arrangiativa di Leave A Light On. Ruvido sperimentalismo e raffinatezza pop aventi il loro, perfetto, punto d'incontro, nel lento, ipnotico svolgersi della conclusiva Singularity, forse l'episodio più ambizioso di un album dalle cullanti oscillazioni umorali.

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