domenica 10 agosto 2014

Chris Cacavas & Edward Abbiati - Me and the Devil

(Pubblicato su Extra! Music Magazine)


Il confrontarsi, così come il desiderio di collaborare, sono in grado di abbattere ostacoli fisici e mentali, unendo, nel conseguimento di un comune fine artistico, personalità tra le più diverse e, solo sulla carta, inconciliabili. Una lezione sicuramente appresa, nel suo inquieto girovagare, da Chris Cacavas, tastierista degli indimenticati Green On Red, perlomeno a giudicare dal lungo elenco di collaborazioni, passate e presenti, andate ad arricchire il suo “curriculum sonico”. Steve Wynn, Howe Gelb, Calexico, Chris Eckman fino al vecchio “compare” Dan Stuart, sono solo alcuni tra quelli che si sono avvalsi, negli anni, della sua maestria ai tasti, il tutto senza tralasciare una parallela carriera solista affatto avara di soddisfazioni.
Proprio nel prosieguo del suo cammino “solitario”, il nostro si è anzi, a più riprese, circondato di uno stuolo di musicisti di più diversa estrazione, tra i quali molti italiani. Con il nostro Paese, in particolare, ha instaurato un profondo rapporto di interscambio sonoro, tanto da spingerlo, in preda ad un nuovo impulso creativo a lasciare il sud della Germania, dove ora risiede, valicando nuovamente le Alpi, per giungere infine nella pianura pavese, a bussare alla porta di Edward Abbiati. Forti di un'amicizia nata durante le sessioni di registrazione dei primi, notevoli album dei Lowlands, combo capitanato dallo stesso Abbiati, alle quali Cacavas aveva preso parte, i due pensavano da tempo di dar vita ad una più compiuta collaborazione, oggi finalmente concretizzatasi, dopo un lungo scambio epistolare, in un intrigante progetto condiviso. Condivisione caratterizzata da una voluta democraticità, evidente tanto nella scelta della ragione sociale, recante il nome di entrambi, quanto nel tipo di approccio compositivo usato. A supportare musicalmente questo scrivere “di coppia” troviamo due loro vecchie “conoscenze”, ovvero Mike “Slo-Mo” Brenner alla chitarra e lap steel, e Winston Watson ai tamburi, ai quali vanno ad aggiungersi gli interventi strumentali di un ristretto novero di valenti musicisti. Rinchiusi tra le vecchie mura di un casolare immerso nella quiete agreste della campagna pavese, lo “Studio in a Barn”, i nostri hanno così dato vita ad una sorta di brainstorming autoriale, scambiandosi reciprocamente idee, suoni e parole, senza porsi, a priori, alcun vincolo formale. Frutto di questo sforzo compositivo congiunto è un album, Me and the Devil, messo su nastro in una manciata di giorni nell'infuocato agosto dello scorso anno, avente proprio in una marcata multiformità stilistica il suo tratto distintivo. Un variegato amalgama, quello approntato dai nostri per l'occasione, nel quale far confluire, rielaborandoli secondo un comune sentire, elementi sonori provenienti dalle rispettive esperienze, passate e presenti. Esemplificativo, in tal senso, è il tribale incedere della salmodiante Against The Wall, posta in apertura, con le voci dei due titolari a muoversi, fin da subito, all'unisono, su di un reiterato fondale elettrico, screziato dai liquidi fraseggi dell'organo dello stesso Cacavas e dal vibrante soffiare, di nera ascendenza, del sax baritono di Andres Villani, presente, ancora in coppia con gli affreschi solistici dei tasti bianchi e neri, anche in una suadente Oh Baby, Please dalle scure tinte soul. Nella title track è invece un'armonica di stampo popperiano, affidata alle labbra di Richard Hunter, a infondere un flavour bluesy in sincopate trame funk, con le voci di Cacavas ed Abbiati ad unirsi nuovamente, in un'esorcizzante declamare, enfatizzato dalla spettrale sei corde di Stefan Roller. Un connubio davvero suggestivo quello tra le corde vocali dei due, con la voce d'umorale lividezza di Cacavas avente nella roca ugola di Abbiati il proprio ideale contraltare canoro. E se l'influenza della penna del primo è avvertibile negli episodi di più pugnace pervasività elettrica, come il talking reediano di una rutilante Long Dark Sky, o la cadenzata The Other Side, ipnotica cavalcata acida rievocante il Neil Young settantiano di “Zuma”; il secondo porta in dote, dal canto suo, quelle polverose sonorità Americana, già esplorate con i suoi Lowlands, e qui cristallizzatesi nel rotolare alternative country d'una sferragliante Can't Wake Up. Echi Americana udibili anche nel chiaroscurale splendore di Hay Into Gold dove, complice la lap steel di Brenner e gli intarsi del violoncello di David Henry, pare aleggiare lo spettro del mai troppo rimpianto Jason Molina. Nei momenti di più riflessiva introspezione ad emergere è, ancor più, la purezza della composizione della coppia, come nella dimessa The Week Song, affidata alle sole dita di Cacavas, con il discreto slide di Brenner a ricamare melodie sullo sfondo, o nel lieve pizzicare acustico, su di un chiesastico tappeto armonico intessuto dall'organo, della trattenuta I'll See Ya. A dir poco sublime, nella sua scarna leggiadria folkie, è la conclusiva Rest Of My Life figlia di una voluta economia d'arrangiamento tesa a valorizzare un ultimo, toccante duetto vocale. Un album di stupefacente bellezza, Me and the Devil, nonché prima, ispirata tappa di quello che, ci auguriamo, possa essere un viaggio sonoro, a due, lungo e fruttuoso.



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