mercoledì 2 aprile 2014

Calvino - Occhi pieni occhi vuoti

(Pubblicato su Extra! Music Magazine)


Dopo un primo EP a proprio nome, il cantautore milanese Niccolò Lavelli si ripresenta oggi, celandosi dietro l'alias di Calvino, con un nuovo extended play, Occhi Pieni Occhi Vuoti. Figlio illegittimo della scena cantautorale italiana, e della scuola genovese in particolare, Lavelli mostra in quattro tracce d'introspettiva delizia lirica, il suo voler “svecchiare” gli stilemi arrangiativi del cantautorato nostrano, grazie ad una personale amalgama melodico, ottenuto miscelando, nelle giuste dosi, alla materia musicale primigenia, cromatismi d'opalescente ricercatezza. A questo si aggiunge un lavorio testuale da autentico artigiano del vocabolo, soppesando sapientemente sillabe e suoni, enfatizzando, ancor più, il proprio ricercato lirismo facendo ricorso all'idioma nazionale. Mesta introversione e malinconico pallore sembrano infiltrarsi tra i pentagrammi calviniani, grazie anche al sognante risuonare del piano elettrico, affidato alle mani dello stesso titolare, e dal quale vedono la luce molteplici, piccoli, tasselli armonici, i quali, una volta unitisi tra loro, danno forma compiuta all'intero corpus compositivo. Piano elettrico protagonista nella decadente narrazione, di vita urbana, dell'opener Nella Città, a supporto di una vocalità dalla notevole profondità emozionale, mentre il carezzevole rullare della batteria e il marcato percuotere delle corde d'una chitarra acustica aggiungono scarnificata vitalità ritmica al tintinnante pianismo di L'amore In Aria. Il Clochard E La Senna, nel suo drammatico svolgersi narrativo, colpisce invece per la propria, uggiosa, lividezza. La conclusiva I Fantasmi, al contrario, nel suo affastellare policromi strati sonori, su d'uno scheletro di autoriale familiarità, è esempio perfetto dell'inquietudine compositiva di Lavelli, nonché del suo tentativo, peraltro ampiamente riuscito, di ringiovanimento dell'italica scrittura a sette note. Definito dallo stesso pianista milanese come «un quadrato vuoto», Occhi Pieni Occhi Vuoti delinea, al contempo, una descrizione dell'assenza, attraverso il lucido disincanto dello sguardo, di un cantautore, la cui confidenza con la “musa autoriale” è, pur alle sue prime frequentazioni, quella di un veterano.

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