lunedì 2 dicembre 2013

Antun Opic - No offense

(Pubblicato su Extra! Music Magazine)

Dopo aver girato mezza Europa tra le fila del collettivo cabaret punk Storm & Wasser, fautore di folli perfomance in bilico tra musica e teatro, Antun Opic esordisce oggi, discograficamente, a proprio nome, con No Offense, album in cui la teatralità interpretativa, affinata proprio con la precedente esperienza artistica, pare essere uno degli elementi peculiari. Teatralità, ulteriormente acuita dalla duttile ugola del nostro, tramite la quale si viene condotti in un intricato dedalo d’influenze, andanti a comporre una personale, quanto variegata, cifra stilistica. Accompagnato dal proprio, vecchio, maestro di chitarra, Tobias Kavelar, e dal basso di Horst Fritscher, Opic tuttavia opta per un organico “aperto”ai più disparati contributi strumentali. Dal jazz manouche, discendente diretto di Django Reinhardt, alla lucida follia del Tom Waits più stralunato, fino ai toni crepuscolari dei primigeni Felice Brothers; questo l’ampio spettro sonoro entro cui si aggira a piè spinto il cantautore tedesco, ideale commento musicale alle peripezie degli strampalati personaggi popolanti l’immaginifico mondo opichiano. Reminescenze gipsy jazz innervano così l’opener Hospital, eccentrica rivisitazione dell’opera reinhardtiana, prima di addentrarsi, tra il pizzicare delle corde di un banjo e i sommessi battiti percussivi di Bulletproof Vest, in territori di bucolica quiete folk. Di stampo cantautorale sono invece tanto la struggente introspezione della title track, con un minimale accompagnamento, affidato alle sole corde acustiche delle chitarre e al pulsare discreto del basso, ad enfatizzarne oltremodo la liricità testuale; quanto una Moses d’onirica ascendenza vernoniana. Da autunnali paesaggi Americana provengono invece la livida We Don’t Give A Damn, così come la leggiadra melodia, a passo di valzer, di Troubled Waltz, entrambe più vicine alle Catskills Mountain dei Felice Brothers che all’Europa gitana di Django Reinhardt. Incantevole, tanto per costruzione melodica, quanto per caratura interpretativa, è Warm, sorta di talkin’ folk arricchito dal soffiare jazzy d’un sassofono. Ballonzolanti movenze swing caratterizzano invece la gigionesca The Informer, con l’ugola di Opic a dir poco graffiante, nel suo cavernoso declamare waitisiano; bissando poi il tutto nella piccante esuberanza di Juanita Guerolita. Una personalità musicale policroma e debordante quella di Antun Opic, capace di dar vita ad uno sfaccettato, convincente, esordio.

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