lunedì 29 aprile 2013

Accents - Growth and squalor

(Pubblicato su Extra! Music Magazine)

Nella sua costante evoluzione l’universo indie folk ha visto a più riprese comparire, nel loro siderale passaggio nei pressi dei suoi pianeti principali, nuovi asteroidi sonori. In questa particolare osservazione astro-musicale ci si può pertanto imbattere, molto spesso, in piccoli corpi celesti dall’accecante bellezza, tra i quali spicca senza dubbio quello a nome Accents; progetto a due partorito dalle menti di TJ Foster e Benjamin Hemingway. Già tra i fondatori dei The Cast Before The Break (nei quali oggi milita tuttavia il solo Foster), i nostri tornano ad incrociare il loro cammino musicale, dando vita, con Growth And Squalor, ad una più che riuscita opera prima. Dieci policrome composizioni frutto di un songwriting, quello di Foster, che allontanandosi in parte dagli elettrici profluvi della “band madre”, esplora in questo frangente ambientazioni soniche più intime e raccolte, sintetizzate in misurati arrangiamenti d’evanescenza folkie. Ne sono un cangiante esempio With The Light, con una chitarra acustica di derivazione quasi “cashiana” a marcare il tempo, o il sontuoso distendersi, tra melodiosi intrecci vocali, di Around. Proprio quest’ultimi paiono rappresentare una delle peculiarità della formula sonora del duo, con la voce nasale e acuta di Hemingway che ben si contrappone a quella ben più calda di Foster, alle quali, in più di un episodio, va ad aggiungersi la flessuosa vocalità di Lauren Alexander, loro compagna spesso anche on stage. Armonie vocali che echeggiano, in un brumoso baluginare autunnale, tra gli immaginifici paesaggi agresti di Storms, così come nella lenta ballata The Low, dalla quale emerge maggiormente l’anima indie folk dei nostri. Materia sonica quest’ultima che, nella sua accezione più modernista e sperimentale, ritroviamo anche tra i solchi di Way Out, dove l’equilibrio tra sognanti arie acustiche e spigolosità elettriche raggiunge il proprio zenit. Si avvertono invece reminescenze della passata, e condivisa, esperienza musicale in Routine Movements, che poggia su di un ficcante riff della sei corde elettrica, ulteriormente imbastardito dalla causticità ritmica di basso e batteria. E se Alright With Me ricalca in modo fin troppo sfacciato sonorità Coldplay oriented, i nostri si fanno ampiamente perdonare nel finale con una a dir poco splendida Sorrow; tanto nel suo evocativo incipit, quanto nel marziale crescendo finale, sfociante in una sublime coralità. Non vi resta pertanto che lasciarvi attrarre nell’orbita dell’asteroide Accents, nella speranza che permanga stabilmente nel sistema solare Indie Folk e non si perda, al contrario, negli oscuri meandri dell’attuale universo discografico.

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