sabato 28 marzo 2015

Steve Wynn @ Raindogs - Savona

(Pubblicato su Extra! Music Magazine)


Tra gli alfieri del Paisley Underground con i seminali Dream Syndicate (con i quali, tra l'altro è tornato, proprio in questo periodo, in studio di registrazione, dopo la fortunata reunion sui palchi di qualche anno fa), e fautore di una carriera solista altrettanto prolifica (sia a proprio nome che in complicità con i Miracle 3), senza contare una nutrita serie di progetti paralleli passati e presenti (da Danny & Dusty in compagnia dell'amico Dan Stuart, al Baseball Project, passando per i Gutterball) Steve Wynn ha vissuto, intensamente, più di trent'anni in musica, spinto da un'inesauribile vena creativa e da una voglia di condivisione mai doma. Un tipo affabile ed alla mano il nostro, forse non del tutto conscio dello status di culto che, giustamente, aleggia intorno alla propria persona. Non vi è spocchia, infatti, nel suo modo di rapportarsi con l'audience che si trova davanti, ma bensì una sentita e partecipe colloquialità, lasciando al contempo ampio spazio alle proprie canzoni. Un songbook in grado, tra l'altro, di allineare un'infinita serie di piccoli capolavori partoriti tanto ai tempi del “Sindacato del sogno” quanto negli anni da solista, ed oggi esplorato con il nuovo, inedito Solo! Electric Tour, emblematico fin dalla nomenclatura, ovvero una lunga serie di appuntamenti live nel corso dei quali avrà come unica compagna di palco la propria sei corde elettrica, che per l'appunto fa bella mostra di sé (insieme ad un'altra “sorella”, ndr) anche questa sera sul piccolo palco del Raindogs. Alle 22:30 un sorridente Wynn si palesa sul palco, in elegante completo grigio e camicia bianca e nera, accolto dagli applausi da un nutrito pubblico di fedeli “discepoli” che lo seguono fin dagli antichi fasti della sua “band madre” e che in più di un'occasione farà sentire, con urla e cori, la propria presenza tanto da divenire alla fine, anch'esso, parte attiva del concerto. Colpito da tanto calore e affetto Wynn non mancherà di ripagare gli astanti riportando alla luce autentiche gemme del proprio songwriting, a cominciare da quelle appartenenti al periodo “sindacale” come l'iniziale Tell Me When It's Over, tramutatasi, per l'occasione, in una scura ballata folk dalle tinte noir, con tanto di armonica younghiana; sciorinando poi, in rapida successione, una caustica My Old Haunts ed una rallentata, seducente When You Smile, fino a veri propri anthem quali Boston e l'inquieta bellezza di una Burn da brividi alla schiena (era sull'immarcescibile Medicine Show), accolte da una vera e propria ovazione collettiva. Medesima accoglienza viene tuttavia riservata al repertorio wynniano post-Sindacato, qui ben rappresentato da ispirati episodi quali le elucubrazioni esistenziali di Sustain (dal suo picco autoriale da solista, Here Comes The Miracle, ndr), le cupe ombrosità di Something To Remember Me By e le implorazioni sentimentali di Love Me Anyway, quest'ultima frutto delle sessioni di registrazioni slovene di Crossing Dragon Bridge (in compagnia di Chris Eckman, ndr). Ben rappresentati sono anche i lavori “condivisi” con i Miracle 3, con le deflagrazioni elettriche di una lacerante California Style e la distorcente furia rockista di Cloud Splitter. E se non manca qualche gustoso “fuori programma”, come l'omaggio a Lou Reed, “uno morto troppo giovane” (parole dello stesso Wynn, ndr), con una commovente Coney Island Baby, si ritorna invece ai “giorni del vino e delle rose” con la tagliente aggressività del brano omonimo, rivisitata attraverso un urticante rifferama diddleyiano, per poi concludere il set con un nuovo omaggio, questa volta a Blind Lemon Jefferson, di una See That My Grave Is Kept Clean, più vicina tuttavia ai putridi bassifondi della New York reediana che al caldo torrido texano. Non fa neanche in tempo a ritornare sul palco il nostro, per i bis, che subito viene accolto da una richiesta (“Merritville! Do you remember it, Steve?!”) prontamente soddisfatta, ed in modo a dir poco eccellente aggiungerei, per poi proseguire con una palpitante Whatever You Please, ed un'ultima gradita sorpresa, la rilettura di Stage Fright della leggendaria Band, quasi a voler esorcizzare, a fine concerto, la paura di salire, da solo su di un palcoscenico. E meno male che il nostro ci aveva presentato, banalmente, la serata come “It's like a folk show but electric”, peccando come sempre, vista anche la vibrante intensità emozionale della performance odierna, fin troppo in modestia, la stessa con la quale, con un sorriso, disegna alla fine del concerto, l'instant alternate cover di Solo! Electric Vol.I, album stampato, proprio per celebrare questo tour, in edizione limitata, e personalizzabile sul momento, in un'estemporanea quanto divertita ultima performance artistica wynniana.







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