domenica 6 luglio 2014

Rocky Wood - Shimmer

(Pubblicato su Extra! Music Magazine)


Il legno è elemento basilare nella costruzione di uno strumento musicale, con la propria capacità, grazie alle sue caratteristiche naturali, di condurre e far risuonare al proprio interno la grezza materia sonora. E se l'abete rosso, avente nella nostrana Valle di Fiemme uno dei suoi habitat prediletti, è solo una delle tante varietà ascritte nella lista dei “legni nobili” per questo tipo di certosina lavorazione, dalla vicina Svizzera una nuova scoperta in campo legnoso reclama oggi il proprio posto all'interno di questa ristretta cerchia. Un “legno roccioso proveniente per l'appunto dalle verdi vallate elvetiche, mirabilmente lavorato e tornito da un quintetto di giovani musicisti, i Rocky Wood, capaci di estrapolarne le nascoste qualità musicali, per farle poi confluire nell'arioso risuonare di un debutto, Shimmer, dove la sospensione onirica del dream pop incontra i sentori agresti del più incontaminato avant folk. Se è a livello strumentale che si avverte maggiormente l'influsso della componente “vegeto-rocciosa”, è tuttavia la voce da contralto di Romina Kalsi, calda ed avvolgente, come la brezza estiva, a condurci in suggestivi territori d'immaginifico incanto. Intorno ad essa le corde di Fabio Besomi e Roberto Pianca intrecciano aeree melodie d'agrodolce evanescenza, ottimamente sostenute dal battere ritmico del basso di Stefano Senni, anche al contrabbasso, e dalla batteria e percussioni di Nelide Bandello. Vengono in tal modo “intagliate” piccole sculture soniche, d'artigianale bellezza, come The Dawn, in cui il pizzicare bucolico di un banjo e il tintinnare delicato del pianoforte vanno a cesellare l'arpeggiare flebile di una sei corde acustica, accompagnandoci, insieme alla struggente vocalità della Kalsi, verso il sopraggiungere dell'alba. Oppure come la livida, Dead Man, avvolta dalle grigie nebbie del folk albionico, o l'opener Blind Hawaii, d'intelaiatura elettro-acustica, nella quale si avverte maggiormente la purezza del songwriting del quintetto. Un'elettricità avvertibile, anche, tanto in una Plans capace d'espandere, verso oasi di rarefatta ondulazione melodica, un elettrico incedere younghiano; quanto nel finale d'una urticante Shooting Frames, tra distorte volute chitarristiche e una più marcata spinta percussiva. Il folk, nella sua accezione modernista, torna invece ad essere elemento preponderante tra le trame d'una Run Away dove spicca la plumbea pastoralità di un fingerpicking ricordante gli episodi di più trattenuto languore rurale dei fratelli Avett; così come nella lunga Sulfur Seed pervasa da nebulose rarefazioni, in un soffuso preambolo alla conclusiva, al contrario breve, Beautiful, a rievocare nel suo mesto fluttuare, il lento ed inesorabile muoversi della marea. Un'opera prima di delizioso equilibrio elettro-acustico, Shimmer, nonché sintomatica delle pregiate proprietà musicali di un “legno roccioso”, dal quale risuonano arie di poetico splendore.




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