mercoledì 6 marzo 2013

Tre Allegri Ragazzi Morti @ Teatro dell'Archivolto - Genova

(Pubblicato su Extra! Music Magazine)

Il teatro genovese dell’Archivolto è diventato in pochi mesi, grazie all’illuminata programmazione a cura di Habanero, il nuovo ritrovo “indie” del capoluogo ligure. Questa sera in scena, ed è proprio il caso di dirlo vista la location, vi sono i Tre Allegri Ragazzi Morti di Davide Toffolo, storica ed inossidabile indie rock band nostrana, fresca della pubblicazione della loro nuova fatica discografica, Nel giardino dei fantasmi. E proprio su quest’ultima è incentrata gran parte del live show odierno, a cominciare dall’aspetto visivo, con le splendide scenografie, opera dello stesso Toffolo, a richiamare l’artwork dell’album, ed una setlist nella quale trovano ampio spazio le nuove composizioni. Brani che dimostrano come la recente infatuazione per il reggae e per il dub da parte del gruppo di Pordenone non sia stata effimera ma permanga all’interno dei loro pentagrammi, nei quali fanno la loro comparsa anche inedite architetture folk futuriste, a forgiare un sound che arriva a lambire le desertiche terre maliane. Sonorità che irradiano la prima tranche del concerto, a cominciare dai ritmi in levare di Alle anime perse, passando per il blues desertico di La fine del giorno, fino alla scura Il Nuovo Ordine, dove il dub incontra torride sonorità tuareg. E se il basso di Enrico Molteni e la batteria di Luca Masseroni si muovono con disinvoltura in questo calembour ritmico, la chitarra del “pettirosso” Andrea Maglia aggiunge con gusto colori e suoni alla sei corde di Toffolo. Quest’ultimo, dal canto suo, si conferma grande affabulatore scenico, rievocando con maestria le piccole storie di vita vissuta dalle quali, fin dagli albori, le composizioni dei TARM traggono linfa vitale. Storie nelle quali ognuno di noi può riconoscersi, come testimoniato dai tanti “allegri ragazzi morti”, con tanto di maschera d’ordinanza, convenuti in quel di Genova, ed attestatisi fin dall’inizio sotto il proscenio in un sing-a-long senza fine; a cominciare dal respiro pop di una scintillante Di che cosa parla veramente una canzone, il cui contagioso refrain miete più di una “vittima”. Il trio, pardon quartetto, di Pordenone, non si è comunque dimenticato del proprio passato, tanto che una volta tornati sul palco ad essere sciorinati con generosità sono i brani “storici”, diventati veri e propri inni generazionali. In un ripercorrere in lungo e in largo della loro vita discografica scorrono così l’irresistibile Mio fratellino ha scoperto il rock’n’roll, trasposizione in italiano di My Little Brother degli Art Brut, la scanzonata Signorina Prima Volta, lo sfrenato punk’n’roll di Ogni adolescenza, fino ad una Il mondo prima accolta da una vera e propria ovazione. Sono molto amati i nostri, forse per non aver mai tradito una propria idea di rock manifatturiero, mai sceso a compromessi, e proprio per questo capace di resistere al lento trascorrere del tempo, come testimoniano brani quali la sempre splendida Occhi bassi, una Quindici anni già riesumata dalla mitologica opera prima, Piccolo intervento a vivo, fino a quello che può senza dubbio essere considerato il loro manifesto musicale, Mai come voi. E i nostri paiono voler ricambiare l’affetto mostratogli dal pubblico genovese tornando per ben due encore, concludendo, tra gli applausi, con una delirante quanto fulminea Batteri, e i toni smorzati di Quasi adatti. Avrà quasi vent’anni ma “il grande spettacolo della vita e della muerte” toffoliano pare non aver perso un grammo della propria dirompente carica live, evolvendosi anzi in quello che è, a tutt’oggi, un affascinante viaggio tra i più disparati ritmi e suoni del mondo.

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