venerdì 15 marzo 2013

Dawn McCarthy & Bonnie "Prince" Billy - What the Brothers sang

(Pubblicato su Extra! Music Magazine)

Ognuno di noi, ripensando alla propria infanzia, vede spesso riemergere i più disparati ricordi, associati molte volte ad uno dei cinque sensi in particolare. Tra le rimembranze sensoriali più comuni vi sono senza dubbio quelle uditive, siano esse un semplice suono, captato quasi per caso, o vere e proprie forme musicali compiute. Suoni e musiche che hanno caratterizzato anche l’infanzia del buon Will Oldham, il quale oggi pare ritornare, mentalmente, proprio a quegli spensierati giorni di gioco e scoperte, nei quali dal giradischi paterno fuoriusciva una musica, quella degli Everly Brothers, destinata a diventare il suo primo vero amore sonoro. Formato dai fratelli kentuckiani Phil e Don, il duo ha saputo d’altronde - con un corpus musicale di eccezionale valore, in cui folk, country e primigenio rock’n’roll venivano miscelati in egual misura, con le due voci a creare sopraffine armonie - influenzare, direttamente e non, generazioni di musicisti a venire. Intrecci vocali che, ovviamente, ritroviamo in What The Brothers Sang, sentito omaggio del “Principe” di Louisville ai propri conterranei. E proprio per ricreare quest’ultimi il nostro ha voluto al proprio fianco Dawn McCarthy, con la quale aveva già incrociato in passato il proprio cammino, prima in un EP cointestato (Wai Notes, targato 2007), fino ad un più recente 7” contenente due brani (Christmas Eve Can Kill You e Lovey Kravetiz), guarda caso estrapolati proprio dal repertorio everlyiano. Attorniati oggi da un nutrito gruppo di musicisti; tra i quali meritano una menzione il fido Emmett Kelly alle chitarre (già nelle fila della Cairo Gang) e la sezione ritmica nashvilliana formata dal basso di Dave Roe e dalla batteria di Kenny Malone; i due assemblano un vero e proprio “sunto affettivo” del songbook a nome Everly Brothers, prediligendo il lato country oriented dello stesso, ed andando a ripescare sia brani autografi che di altrui composizione, ma reinterpretati dai due nel corso della loro carriera. Punto focale dell’intero lavoro sono, come accennato poc’anzi e ribadito anche dalla stessa copertina, i duetti tra la delicata vocalità della McCarthy e quella “principesca” di Oldham, in un lirico rincorrersi, per poi unirsi in impasti vocali che lasciano a dir poco estasiati. Come nel fascino arcaico di Empty Boxes, tra il picking gentile di chitarre e mandolino, ed un flauto dal quale fluiscono arie folk di discendenza albionica; o in una It’s All Over, leggera come lo stormire delle foglie alla prima brezza autunnale; raggiungendo infine vette d’incommensurabile pathos nell’onirico country valzer What Am I Living For. Esulano in parte dal mood generale dell’album tanto Milk Train, che corre veloce, su sferraglianti binari country’n’roll, deviando nel finale, sulle note di un accordion, verso speziati territori zydeco; quanto il robusto uptempo Somebody Help Me. Si torna tuttavia verso fluttuanti e indolenti sonorità con i barocchismi orchestrali di Devoted To You, o la lucentezza melodica di Poems, Prayers And Promises, fresca e pura come l’acqua di sorgente, fino all’elegiaca Kentucky, omaggio nell’omaggio al proprio stato natio. Musica senza tempo quella racchiusa tra i solchi di questo splendido atto d’amore in musica, ennesima testimonianza tanto della bellezza dell’opera sonora dei fratelli Everly, quanto della caratura artistica superiore di un “personaggio”, Bonnie “Prince” Billy, con davvero pochi eguali nell’odierno panorama musicale.



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