giovedì 7 marzo 2013

Nadia and the Rabbits - Noblesse oblique

(Pubblicato su Extra! Music Magazine)

Una vera e propria “cantautrice senza frontiere” Nadia von Jacobi, la cui musica nasce da una globalità sonora volta ad abbattere barriere fisiche, musicali nonché idiomatiche. Nel suo cammino, che dalla natia Monaco di Baviera l’ha portata in Italia, dove tutt’oggi risiede, Nadia ha infatti saputo far propri suoni ed idiomi tra i più differenti, riuscendo a trarre da ognuno di essi le proprie peculiarità nascoste, sintetizzandole infine in un personale, quanto intrigante, melting pot. Ed è proprio dall’esperienza maturata “on the road”, e sui palchi in particolare, che vede la luce Song Fairy Tales, prima, ed autoprodotta, testimonianza su nastro, registrata on stage tra Londra e Milano. Strada lungo la quale avverrà anche l’incontro con un gruppo di strani “conigli”, che diverranno presto i suoi fedeli compagni d’avventure musicali, fino ad arrivare alla stesura di quello che è il suo primo, vero, album in studio. Realizzato sotto la supervisione di LeLe Battista e registrato tra Italia, Germania, Austria, Regno Unito e Usa, Noblesse Oblique allarga ulteriormente il discorso intrapreso con il poc’anzi menzionato disco dal vivo, all’insegna di un poliglottismo, tra inglese, tedesco e italiano, e di un folk cosmopolita nel quale convergono le diverse esperienze individuali del nutrito gruppo di musicisti coinvolti, provenienti da ogni parte del globo. Ogni singolo contributo strumentale, è qui finalizzato a sostenere e valorizzare la chitarra acustica, ma soprattutto la voce della stessa Nadia, che pare rimembrare, per bellezza espressiva, quella di una Ani DiFranco meno combattiva e più folk oriented. Dalla songwriter di Buffalo sembrano infatti prendere spunto brani come la palpitante Paths Gone, tra il soffiare jazzy del sax e della tromba, ed un ukulele a colorare di tinte pastello il tutto; o l’incedere quasi marziale di When It’s Raining, che la fisarmonica e il violoncello avvolgono di soavi atmosfere latine; fino al riuscito bilanciamento tra folk e pop dell’ariosa She’s Like The Wind. Un folk “obliquo” quindi, nel quale vi è spazio anche per piccole sperimentazioni sonore, come nell’iniziale Treasures Away o in Obliqua è La Mia Nobiltà, dando vita, in un connubio tra l’originaria matrice acustica e frammenti elettronici, a suggestioni quasi trip hop. Se con l’inglese e l’italiano la cantautrice pare trovarsi a proprio agio, nell’introversa fascinazione di Moongirl fa la sua comparsa anche il tedesco, che ben si integra, con la sua “marcata” musicalità, nell’economia sonora del brano. Notevole infine il lavoro compositivo e di arrangiamento alla base di Last Home, dove si avverte, in particolar modo, l’apporto “collettivo”, in un crescente arricchimento strumentale; così come pregevole dal punto di vista lirico è l’evocativa ballata pianistica Let Us Be Free, con LeLe Battista ai tasti bianchi e neri; a mio avviso il momento più ispirato dell’intero lavoro. Un album Noblesse Oblique che mostra, fin dal primo ascolto, tutta la propria purezza e genuinità, caratteristiche quest’ultime indissolubilmente legate all’estro artistico della stessa Nadia.

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