martedì 15 gennaio 2013

Maria Muldaur - First came Memphis Minnie


(Pubblicato su Rootshighway)

La storia della musica afroamericana, e del blues in particolar modo, ha sempre visto l'avvicendarsi di personaggi a dir poco leggendari, ma troppo spesso, nonostante un lascito musicale d'indubbio spessore, destinati all'oblio. Tra questi è senza dubbio da annoverare Lizzie Douglas, meglio nota come Memphis Minnie, tanto importante per la storia del blues quanto inspiegabilmente sconosciuta al di fuori di una ristretta cerchia di appassionati bluesofili. Songwriter, ma soprattutto chitarrista dall'invidiabile tecnica strumentale, non solo ha apportato grandi innovazioni al country blues, ma ad essa si deve anche l'introduzione della chitarra elettrica nello stesso, gettando di fatto le basi di quel sound di matrice urbana, che tanta fortuna ottenne in seguito sotto il nome di Chicago Blues. Fortunatamente la sua opera pare aver fatto proseliti nel corso degli anni, tra i quali proprio Maria Muldaur, che dopo aver già attinto in passato al suo songbook, con questo First Came Memphis Minnie, le tributa oggi un sentito e doveroso omaggio. Nato sulla falsariga del più generico Richland Woman Blues, targato 2001, l'album in questione pare riprenderne l'impostazione acustica, oltre alla nutrita schiera di ospiti, strutturandosi tuttavia solamente intorno alla figura della chitarrista originaria della Louisiana. Trovano quindi posto tra i solchi alcune riletture, inedite, di brani di quest'ultima, ad opera di vecchie "amiche" della Muldaur. A spiccare, sia per qualità che per livello emozionale raggiunto, è senza dubbio Rory Block, che ripropone, con la consueta classe e sensualità When You Love Me, dimostrando una volta di più come il country blues sia la materia sonora a lei più consona. Sulla medesima scia di qualità si muovono anche Bonnie Raitt che, accompagnata alla chitarra da Steve Freund, convince ampiamente in una deltaica Ain't Nothin' in Ramblin, per non parlare di Ruthie Foster, che colora di tenui tinte gospel Keep Your Big Mouth Closed. Parte del leone, o per meglio dire della leonessa, spetta ovviamente a Maria Muldaur e, pur trattandosi di registrazioni già edite, non si può che rimanere estasiati dalle sue perfomance vocali in classici come Me and My Chauffeur Blues, con la sei corde di un sempre magistrale Roy Rogers a sostenerne la roca vocalità, o nel country blues di Long as I Can See You Smile, con mandolino e chitarra ad intrecciarsi ottimamente tra loro. Quando poi la nostra divide il microfono con Alvin Youngblood Hart, in I'm Goin' Back Home così come in She Put me Outdoors, sembrano rivivere i duetti vocali tra la stessa Memphis Minnie e Kansas Joe McCoy. Tributo nel tributo è la presenza di due tracce, tuttavia anch'esse già editate in passato, In My Girlish Days e la conclusiva Black Rat Swing, appannaggio rispettivamente di Phoebe Snow e Koko Taylor, ed omaggio alle suddette, ovvero due delle più eccelse blues vocalist di sempre; oltre che ideale suggello di un album pregno di un fascino antico.

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