giovedì 19 giugno 2014

The Last to Knows - Divide

(Pubblicato su Extra! Music Magazine)



Originari della collinare Toscana, ma cresciuti divorando voracemente i suoni provenienti dalla vastità sconfinata dei territori a stelle e strisce, i Last To Knows, per porre le basi della loro nuova fatica discografica, hanno fatto armi e bagagli trasferendosi nel profondo Nord, in quel di Montebelluna. Qui, presso gli Outside Inside Studio di Matt dei Mojomatics, in tutta calma e tranquillità hanno riversato su nastro anni di ascolti attenti ed appassionati, dando alla luce Divide, evocativa opera, fin dalla copertina, d'una “americanità” sfiorata sì solo con il pensiero e le orecchie, ma viva e pulsante oggi nelle composizioni del combo toscano. Non sono dei meri scopiazzatori o dei pedissequi ricalcatori dell'opera altrui i nostri, ma bensì hanno saputo trarre ispirazione dall'operato passato di autentiche icone del genere approntando un pugno di composizioni, figlie della penna di Mattia Neri, impegnato anche alla voce e alla chitarra acustica, capaci di resuscitare e rinverdire tematiche e storie da autentici country outlaws, riproponendole attraverso il moderno filtro della propria ottica sonora. Diviso idealmente in due “lati”, come i vecchi vinili, l'album possiede due anime ben distinte; la prima denominata Water side, pur a discapito della sua nomenclatura acquatica, di polverosa estrazione country folk, mentre la seconda, Mountain side, dalle più cupe ed elettriche tinte bluesy. Appartengono alla prima composizioni dall'impasto elettroacustico come l'opener New Recession Hoedown, Boom-Chicka-Boom nel quale spicca il soffiare dell'armonica, alla Mickey Raphael, di Michele Borgogni, con liriche debitrici nei confronti delle Dust bowl ballads del sommo Woody Guthrie, nel suo raccontare l'odierna, attanagliante crisi economica; o una All The John Deeres In The World quasi un estratto da Nashville Skyline, in cui il narrare dylaniano incontra l'epicità della frontiera americana. For The Sake Of My Soul ricorda invece, fin dal titolo, il dolente songwriting del Texas Troubadour Townes Van Zandt, in quella che è una splendida, malinconica ballata cantata da Mattia Neri con il cuore in mano. Le trame country intrecciate dai nostri incontrano invece spezie swampy in un'ariosa Between Us attingente a piene mani dall'operato dei Creedence Clearwater Revival più bucolici. E se il ‘Water side’ scorre fluido e veloce come l'impetuoso fiume Columbia, è quando il quintetto si accinge ad “ascendere” verso il Mountain side che sembra, in parte, arrancare. La “scalata” inizia, tuttavia, a spron battuto, con una scalpitante Devil Be My Guide, ma tanto in una Dirty Business non del tutto a fuoco nel suo barcamenarsi tra sbuffare country ed elettricità blues, quanto in una Lonesome Mistery Man, questa sì forse fin troppo aderente al songbook fogertiano, tanto da sembrare una ripresa della celeberrima Fortunate Son, comincia ad avvertirsi una certa mancanza d'ossigeno forse dovuta all'aumentare dell'altitudine. Basta, fortunatamente, solo riprendere il fiato e i toscani tornano a vedere nitida la conclusione del loro cammino in verticale, come dimostrato da una Like The Egg Of A Snake capace d'unire la furia elettrica dei Crazy Horse con le desertiche sonorità dei Calexico, per arrivare poi a conquistare infine la vetta della propria personale “montagna sonora” con la conclusiva Vaya con Dios, piccolo gioiello di scura introspezione, dove pare di ascoltare la profonda voce di Tom Russell accompagnata, anziché dalla sei corde di Andrew Hardin, da quella ben più elettrica e distorta del vecchio Bisonte canadese. Un album ben scritto e ancor meglio suonato, Divide, ad opera di quintetto con un piede ben saldo sulle verdi colline senesi, e un altro affondato tra la polvere delle praterie americane.

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