venerdì 17 maggio 2013

Massimo Zamboni e Angela Baraldi - Un'infinita compressione precede lo scoppio

(Pubblicato su Extra! Music Magazine)

“Nomi e cognomi, niente sigle. Siamo noi: sogni, visioni, pensieri, istinti, voglie, paure, arrabbiature e la loro trasformazione in canzoni e suoni, testi, immagini”; quali se non le parole dello stesso autore possono descrivere al meglio Un’infinita compressione precede lo scoppio, nuovo parto discografico di Massimo Zamboni? Un album che vede il chitarrista emiliano nuovamente affiancato dalla propria conterranea Angela Baraldi, a rinsaldare ulteriormente un sodalizio nato e sviluppatosi sui palchi italiani, prima con il fortunato tour Solo una terapia - Dai CCCP all’estinzione, al quale hanno fatto seguito, la scorsa estate, i tre concerti sotto il nome di 30 anni di Ortodossia. Esperienza on stage trasposta oggi tra le quattro mura di uno studio di registrazione, in un’empatica collaborazione artistica dalla quale traspaiono i fantasmi del passato musicale di Zamboni, a cominciare dalla sua precedente partnership femminile, dove protagonista era la meravigliosa vocalità di Nada. In un ipotetico confronto con quest’ultima non pare tuttavia sfigurare Angela Baraldi, la cui voce rifulge per potenza evocativa e bellezza espressiva, tra enfatici scampoli di pura recitazione, sublimi vocalizzi e rabbiose grida, in un’ulteriore valorizzazione emozionale delle liriche zamboniane. In una dedica all’Italia, “che s’inclina, s’inciampa, s’incaglia”, quest’ultimo appronta infatti undici composizioni dalla consueta, proverbiale, furia testuale, acuita dall’addensarsi, sullo sfondo, di nere nubi soniche, sprigionanti elettriche folgori, a squarciare il livore di un grigio cielo di plumbea insofferenza. E se l’inizio è quasi in sordina, con la salmodiante dichiarazione d’intenti di Vorremmo esserci, nella quale la voce della Baraldi diviene ideale contrappunto di quella del proprio partner artistico, nella ballata notturna Nel cuore della notte, regala invece, su di un cupo battere dei tasti del pianoforte, attimi di palpitante poesia. Dalla rabbia declamatoria di Lamenti affiorano, vuoi per la presenza al basso dell’ex compagno “consortile” Gianni Maroccolo, echi delle precedenti scorribande soniche zamboniane, così come in Fallimentare, dove fa la sua comparsa, alle backing vocals, un altro sodale dei bei tempi andati, Giorgio Canali. Trasudano invece virulenti bagliori elettrici tanto l’antiamericanismo reiterato di Sbrai, quanto la litania tribale di Fine, con l’ottimo lavorio ritmico del basso di Cristiano Roversi e della batteria di Simone Filippi, per giungere infine alla spietata fotografia sociopolitica del Bel Paese di In rotta. Elettricità che si stempera tuttavia in avviluppanti atmosfere elettroniche tanto in Parlare non toccare, dalle dilatate aperture melodiche, quanto nella magnificenza di Protezione in negativo, con la voce della Baraldi e la chitarra di Zamboni, nel finale, a rincorrersi prima di confluire in un’affascinante infrangersi armonico; fino al parossismo della conclusiva Ad ora incerta, tra immaginifiche costruzioni sonore ad opera della sei corde elettrica, all’interno delle quali la voce si tramuta quasi in un flebile sussurro. Due individualità, quelle dei cointestatari del lavoro, capaci di fondere le proprie peculiarità soniche in un suggestivo “esistenzialismo elettrico”, nell’attesa che, dopo un’infinita compressione ed al suo conseguente scoppio, si giunga ad una nuova espansione, un nuovo ordine.

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