mercoledì 22 maggio 2013

Flowers - Monna Lisa Store

(Pubblicato su Extra! Music Magazine)

Il brit pop, terreno musicale con un apice di fertilità raggiunto nella metà degli anni ‘90, pare ancor oggi essere foriero di nuove messi soniche. Dai solchi di quest’ultimo, infatti, protendono al sole i propri petali i “Fiori” emiliani, irrorati nella loro crescita da abbondanti innaffiature di Oasis e Supergrass, ed oggi, con Monna Lisa Store, pronti a sbocciare definitivamente. Il trio dimostra senza dubbio di aver tratto giovamento dall’apporto nutritivo dell’humus nel quale è cresciuto, filtrando melodie british con una galvanizzante attitudine al limite del punk. E se le qualità musicali dei nostri sono d’ineccepibile concretezza, a colpire in particolar modo è la voce di Alessandro Silvotti perfetta, nella sua somiglianza con quella di John Lawler degli scozzesi Fratellis, per l’impasto sonoro qui proposto. Esula tuttavia, dal mood generale dell’album, l’opener   Country Shop, che la sei corde elettrica dell’ospite Andy MacFarlane, devia verso l’altra sponda dell’Oceano, in un roboante rockabilly, ahinoi rovinato nel finale da un irritante scimmiottamento degli “urletti” dello scomparso Jacko. Si attestano invece su di coordinate più smaccatamente brit tanto l’ibrida ballata Heart Of Life, tra morbidezza acustica e stridenti sventagliate elettriche, con all’interno un richiamo ad un passo del De Profundis wildiano, quanto una Let Me figlia, per struttura e soluzioni melodiche, della lezione impartita dai fratelli Gallagher. Fantasmi sonori dei primi Jet si avvertono invece tanto nella schiettezza di It’s Gonna Be All Right, con l’hammond di Paolo “Apollo” Negri a dispensare liquidi fraseggi, quanto nella rabbiosa elettricità di Free My Mind. Si affievoliscono in parte i toni nell’effervescente ariosità di Four In A Row, dalle parti del post britpop targato Starsailor, così come nella conclusiva For Anytime, tra fervori indie rock e scalpitanti reminescenze country. Un “negozio d’arte musicale”, quello aperto dagli emiliani Flowers, al cui interno gli amanti delle suddette sonorità troveranno di che gioire, ma nel quale si avverte purtroppo la mancanza di un vero e proprio capolavoro d’originalità creativa, frutto di pennellate dai luminescenti e personali colori sonici, mentre vi è un’abbondanza di falsi d’autore, i quali, seppur di buona fattura, rimangono tuttavia delle pedisseque copie delle tele soniche di ben più blasonati predecessori.

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