mercoledì 25 luglio 2012

Bonnie "Prince" Billy @ Mojotic Festival

(Pubblicato su Extra! Music Magazine)

Se una volta, come recitava un vetusto spot pubblicitario,contro il logorio della vita moderna era consigliata l’assimilazione di un ben noto liquore, oggi l’unica nostra ancora di salvezza, in un mondo che pare andare sempre più a rotoli, rimane la musica. Una tesi quest’ultima che ha avuto ulteriore conferma, giovedì scorso in quel di Sestri Levante, terza tappa del tour italiano di Bonnie “Prince” Billy. La splendida cittadina ligure ospita da qualche anno il Mojotic Festival, rassegna organizzata dall’omonima associazione culturale, capace di riscuotere un sempre maggior successo, ben testimoniato dal folto pubblico presente. Un plauso va quindi ai ragazzi dell’associazione per aver, in questo caso, non solo portato il buon Will Oldham in quel di Sestri Levante, ma di aver scelto come location dell’esibizione il Teatro Arena Conchiglia. Quest’ultimo è stata infatti cornice ideale per il concerto, creando un’atmosfera intima e raccolta, quasi magica in determinati frangenti, complice anche un’acustica pressochè perfetta. La vera sorpresa della serata è stata tuttavia l’aggiunta di un ulteriore opening act, a quello già previsto, a dir poco d’eccezione. A salire sul palco è stato infatti lo stesso Oldham che insieme ai Chivalrous Amoekons, praticamente la stessa band con la quale si sarebbe esibito poco dopo ma abbigliata in puro Nashville Style, ha allietato i presenti con una mezz’ora in bilico tra country e folk di stampo tradizionale. Un gustoso antipasto in attesa del piatto “principe”, inframmezzato dalla performance sanguigna di Michele “Mezzala” Bitossi, già nei Numero6, che accompagnato da una solida sezione ritmica ha proposto sia brani del suo gruppo principale alternati a composizioni del suo recente repertorio solista. Tempo di un veloce cambio palco ed ecco entrare, anzi sarebbe il caso di dire rientrare, in scena il “Principe”, attorniato dalla sua folle corte musicale. Durante il proprio set d’apertura, il nostro aveva promesso che questa sera ci sarebbe stato tempo per tanta buona musica, e da quanto abbiamo potuto sentire non sono state certamente promesse da marinaio. La scaletta approntata per l’occasione è andata infatti a ripescare in lungo e in largo nella sua ormai lunga carriera discografica, tanto che le diverse ragioni sociali oldhamiane, con le quali il nostro si è divertito negli anni a giocare, parevano essere confluite, fondendosi tra loro, sul palco del teatro. L’inizio poi è stato a dir poco da brividi con una I See A Darkness, capace da sola di valere un intero concerto, qui riproposta in un nuovo sfavillante arrangiamento, con il quale è stata nuovamente messa su nastro e inserita nell’EP Now Here’s My Plan, in uscita proprio in questi giorni. Lavoro, nell’impostazione simile a Sings Greatest Palace Music, dal quale il nostro si divertirà, nel corso della serata, ad estrapolare alcuni brani, come nuove e lucenti versioni di After I Made Love To You e No Gold Digger, segnali di come i suoi trascorsi musicali siano ancora materia malleabile e facilmente plasmabile in nuove ed affascinati figure sonore. Echi folkie e barlumi alternative country affiorano dal recente passato, ben condensanti in una Ohio Rriver Boat Song da applausi, nell’oscurità di Strange Form Of Life e in una irresistibile Wolf Among The Wolves, con il piano di Ben Boyle a condurre le danze. Un combo dalle indubbie qualità tecniche quello attorniante il cantautore del Kentucky, sapientemente capitanato dalla chitarra di Emmett Kelly, il quale può contare sia sull’apporto melodico dello stesso Ben Boyle, che su la versatilità ritmica del basso di Danny Kiely e della batteria di Van Campbell. Ad essi si aggiunge l’avvenente Angel Olsen, tanto eccelsa con le proprie corde vocali, ed ideale partner canora del “Principe”, quanto statica sul palco. Lo stesso Oldham è poi uno spettacolo nello spettacolo, nelle sue bizzarre mosse da improbabile quanto improvvisato frontman, nel suo attorcigliarsi e contorcersi intorno alla propria chitarra così come nei suoi ilari balletti, anche se la sua vera peculiarità risiede tuttavia nella voce. Una voce che pare sempre sul punto di frantumarsi, di cadere in pezzi dopo un vocalizzo troppo ardito o un acuto indirizzato troppo in alto, in una sorta di viaggio senza ritorno verso il cielo stellato sovrastante. Una voce che canta appunto delle cadute e delle risalite, di amori, tradimenti e rimpianti e lo fa con una naturalezza tale che sembra estraniarsi dal corpo dello stesso Oldham, per diventare ideale voce di tutti noi, uniti da quel comune denominatore che è il difficile vivere quotidiano. Una musica quella di Bonnie “Prince” Billy quasi salvifica, capace di infondere nuova linfa vitale in corpi prosciugati, facendoci ritrovare la pace con noi stessi. Richiamati a gran voce sul palco il “Principe” e i suoi giullari sonici, fanno ancora in tempo ad incantarci con il valzerone country di New Partner e con una tenue Horses, prima di calare gli assi finali con una Another Day Full Of Dread non per deboli di cuore e con You Want That Picture, capace da sola di riassumere tutta l’estetica oldhamiana. Applausi scroscianti ed urla sommergono i nostri al loro rientro dietro le quinte e alla fine, di fronte a cotanta grazia musicale, non rimane altro da fare che inchinarsi in un doveroso atto di adorazione ed urlare “Lunga vita al re!!”.... ehm no scusate, al “Principe”.

Nessun commento:

Posta un commento