mercoledì 13 giugno 2012

Trembling Bells and Bonnie "Prince" BIlly - The marble downs

(Pubblicato su Extra! Music Magazine)


Com’era quel vecchio proverbio?! Ah già, “Dio li fa e poi li accoppia”. Ecco basterebbe questo a descrivere l’improbabile quanto riuscita collaborazione tra gli scozzesi Trembling Bells e l’icona dell’avant folk Bonnie “Prince” Billy. In realtà un primo approccio i nostri l’avevano già avuto qualche tempo fa, ma si trattava di un semplice corteggiamento, è infatti con questo The Marble Downs, che la loro storia d’amore musicale pare farsi cosa seria. E’ doveroso tuttavia precisare che il grosso del lavoro viene qui svolto dagli stessi Trembling Bells, sapientemente guidati dal batterista Alex Neilson, i quali si occupano sia della stesura dei brani che dell’esecuzione strumentale, mentre il buon Oldham in questa occasione si “limita” ad una partecipazione prettamente vocale. Ed è tuttavia proprio l’intrecciarsi delle voci, di quest’ultimo e della bravissima Lavinia Blackwall, il punto focale dell’intero lavoro, attorno al quale gravitano gli apporti strumentali dei restanti membri del combo scozzese. Un quartetto, quello di Glasgow, dedito fin dalla sua formazione ad un folk psichedelico che deve molto alla lezione impartita da giganti come Pentagle e Incredible String Band, dei quali i nostri possono essere considerati a tutti gli effetti dei moderni epigoni. Si respirano infatti effluvi sonici senza tempo, come nell’opener Made A Date (With An Open Vein) o nella bislacca, sin dal titolo, Ferrari In A Demolition Derby tanto che, invece del 2012, pare di ritrovarsi in una qualche sperduta corte inglese del tardo Medioevo, con i Trembling Bells intenti ad allietare il proprio sovrano, tra arie tradizionali e screziature moderniste, ai quali si aggiunge nel ruolo di improbabile giullare lo stesso Oldham. Un’intenzione, quella di rileggere e far propri stilemi sonori derivanti dal passato, che si evince anche in My Husband’s Got No Courage In Him, per sole voci, o nei rimandi all’opera dei Pentagle di I Can Tell You’re Leaving. Dai toni sommessi sono invece la pianistica Excursions Into Assonance così come l’algida Love Is A Velvet Noose nella quale il connubio scoto-americano pare raggiungere il suo massimo vertice artistico. Dal canto loro Riding e Ain’t Nothing Wrong With A Little Longing, virano verso acidi lidi in odore di psichedelia, tanto da sembrare figlie illegittime di Chocolate Watchband e Electric Prunes, più che della tradizione folk inglese. Sprazzi di americanità che emergono anche nel country folk alienato di Every Time I Close My Eyes, dove a farsi più marcata è l’influenza, seppur indiretta, del cantautore del Kentucky. Lord Bless All, posta giustamente in chiusura, può essere considerata un’ideale sintesi di quanto contenuto all’interno dell’album, tra leggiadre armonie vocali, un sinuoso tappeto d’organo, abrasive chitarre e una robusta e quadrata sezione ritmica. Un album, The Marble Downs, che oltre a confermare le qualità dei Trembling Bells, già peraltro messe in luce nelle precedenti prove a proprio nome, mostra un lato inedito dell’anima musicale di Bonnie “Prince” Billy che, visti i risultati, merita senza dubbio di essere ulteriormente scandagliato.

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