sabato 2 giugno 2012

The Mojomatics - You are the reason for my troubles

(Pubblicato su Extra! Music Magazine)

Fin dagli esordi si intuiva quanto i ristretti confini nazionali fossero castranti per la creatura sonica a nome Mojomatics. Il duo veneto, formato da Matteo Bordin e Davide Zolli, rispettivamente chitarra e batteria, non ha mai nascosto il proprio amore verso atmosfere e sonorità nate e cresciute negli Stati Uniti ed arrivate solo in seguito ad infettare anche il Vecchio Continente. Passione che si è tradotta su disco, perlomeno inizialmente, in un robusto garage blues, profondamente debitore nei confronti della lezione impartita da Jon Spencer e dalla sua Blues Explosion. Con gli album successivi il loro sound si era aperto a nuove influenze, inglobando al proprio interno barlumi country e melodie folk rock. Sintomo questo di una voglia di ricerca mai assopita, che pare aver trovato nuova linfa grazie ad un tour proprio nei tanto a lungo sognati States. Sembra di vederli i due, in viaggio su di uno sgangherato furgone, nell’immensità territoriale statunitense, tra highways, deserti e paludi, fino a perdersi nei meandri più oscuri e reconditi dell’America. You Are The Reason For My Troubles, quarto album del duo, può essere pertanto visto, quantomeno dal lato prettamente musicale, come una sorta di valigia sonora, nella quale i nostri hanno riposto con cura souvenirs e cimeli del loro lungo peregrinare a stelle e strisce. You Don’t Give A Shit About Me, per esempio, così come la conclusiva Her Song, paiono cartoline musicali con impresso il timbro postale di Nashville, Tennessee. La prima è un’ariosa ballata country, con tanto di armonica, mandolino e pedal steel (tutte suonate dallo stesso Bordin), mentre l’impianto strumentale d’estrazione folk rock della seconda risente in particolar modo dell’influenza dylaniana. Parte in punta di piedi invece Don’t Talk To Me, per poi deflagrare in un crescendo rock’n’rollistico di derivazione Sixties, mentre Feet In The Hole è un ruspante rockabilly in odore di West, e pare suonato su di una diligenza lanciata a folle corsa per sfuggire all’attacco di spietati fuorilegge. I due passano poi con disinvoltura dall’allucinato jingle jangle, byrdsiano fino al midollo, della title track, ai nuovi squarci garage, quest’ultimo mai scomparso dal loro pentagramma, della ruvida Rain Is Diggin’ My Grave e della sincopata Yesterday Is Dead And Gone. Ritroviamo invece sprazzi di melodia in due piccole perle power pop come l’opener Behind The Trees, in odore di Big Star, e la scalcinata In The Meanwhile. Si sconfina poi nel verde Canada con Long And Lonesome Day, vero e proprio omaggio alla musica di Neil Young e dei suoi Crazy Horse, talmente ben riuscito che pare di ascoltare una perduta b-side del vecchio Bisonte, riveduta e corretta per l’occasione. Un album che ha il sapore forte della polvere, del sangue e del sudore ulteriormente acuito dall’utilizzo di tecniche di registrazione analogiche. Se vi è un merito, tra i tanti, da riconoscere ai Mojomatics, è quello di essere riusciti a variegare ulteriormente la propria proposta musicale, senza al contempo snaturarsi troppo, rimanendo anzi ancorati ad un’ottica lo-fi e vintage. Una scelta che alla resa dei conti si dimostra ancora una volta sensata oltre che vincente.

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