lunedì 12 marzo 2012

Wilco live @ Alcatraz

(Pubblicato su Extra! Music Magazine)


Vi sono emozioni così intense e profonde da non riuscire a manifestarsi immediatamente, avendo bisogno di essere lasciate fermentare per poi esplodere in seguito in tutta la loro interezza. Ed è pertanto solo a mente fresca che si viene assaliti dall’esaltazione di quella che è stata e sarà una delle serate musicali da ricordare in questo, seppur agli inizi, 2012. Scenario dell’esibizione un Alcatraz stipato all’inverosimile, protagonista della serata quella complessa ma stupenda creatura musicale chiamata Wilco. La band di Chicago, nella prima delle sue due date italiane, è salita letteralmente in cattedra mostrando, a una platea di attenti “allievi”, come deve suonare dal vivo oggi una rock band. Definizione quest’ultima che tuttavia appare riduttiva nello descrivere quanto visto e sentito sul palco nel corso della serata. Il rock è stato infatti solo il punto di partenza, un ideale trampolino di lancio verso un caleidoscopico viaggio all’interno delle numerose anime sonore delle quali si compone la musica dei nostri. Sfaccettature che la band ha saputo mettere in mostra nella loro totalità, approntando per l’occasione una scaletta capace di pescare all’interno di una discografia diventata ormai più che corposa. Un concerto totale, che ha catapultato il pubblico in un continuo e frenetico cambio di atmosfere e generi musicali, tra chitarre elettriche ed acustiche, sintetizzatori, tastiere e percussioni. Tuttavia è doveroso menzionare anche Scarlett O’Hanna; una sorta di Regina Spektor meno freak, quando siede al piano e una Laura Veirs dalle forti tinte indie rock quando imbraccia la chitarra elettrica, che con un breve quanto intenso set ha aperto la serata, guadagnandosi gli applausi dei presenti. La vera attrazione sono e rimangono comunque i Wilco. Accolti da un autentico boato al loro ingresso sul palco, i nostri non deludono le attese dei propri fan, ripescando alcune piccole chicche, per quella che alla fine si rivelerà una delle migliori scalette degli ultimi anni. Ventisei brani per più di due ore di concerto, senza cali né le ben che minime sbavature, ad ulteriore testimonianza di come la “macchina live” wilconiana viaggi ormai a pieno regime. Merito senza dubbio di un manipolo di musicisti superlativi ed in perfetta sincronia tra loro, guidati con maestria da un’insolitamente affabile e loquace Jeff Tweedy. Glenn Kotche pare una piovra dietro ai tamburi, costantemente impegnato in un drumming tanto vario quanto preciso, che si incastra alla perfezione con il basso di John Stirratt, autentico motore pulsante della band. Nels Cline è al solito invasato, e sembra ingaggiare una lotta all’ultimo accordo con il proprio strumento, martoriato per tutta la durata del concerto. Mikael Jorgensen si destreggia da par suo tra tastiere e sintetizzatori, ben coadiuvato da Pat Sansone, autentico folletto anche alla sei corde. Dopo un inizio tra l’onirico e il sognante con una sempre meravigliosa Hell Is Chrome, veniamo proiettati nella dimensione “modernista” della band di Chicago, con una Art Of Almost in bilico tra squarci elettronici e tessiture quasi ambient, con Nels Cline e Mikael Jorgensen impegnati a condurre i propri compagni verso sperimentali derive sonore. Ad avere ovviamente maggior risalto nell’economia del concerto sono i brani tratti dal recente The Whole Love, come nel caso dell’ariosità pop di I Might, Dawned On Me o della bizzarra Capitol City, per arrivare alla purezza folkie di Open Mind. Non sono mancate tuttavia piccole e grandi sorprese come una superlativa Misunderstood (da Being There) con tutto il pubblico a urlare quel ‘nothing’ reiterato all’infinito, diventato ormai celeberrimo, oppure una Box Full Of Letters che riappare tra le nebbie di un passato alternative country, forse non così lontano dopo tutto. Parte del leone la recita anche A Ghost Is Born, dal quale vengono riproposte, tra le altre, At Least That’s What You Said dal delirante finale, un’inedita quanto pregevole versione acustica di Spiders (Kidsmoke) e quel piccolo gioiello di Hummingbird. Posta a metà set Impossibile Germany, risplende in tutta la sua maestosità, impreziosita dall’intervento solista, da manuale, della chitarra elettrica di Nels Cline, capace di strappare un’autentica ovazione. e il finale è affidato alla vorticosa A Shot In The Arm, nei bis ad incantare sono le canzoni tratte da Yankee Hotel Foxtrot, su tutte una rabbiosa I’m The Man Who Loves You, una sempre coinvolgente Heavy Metal Drummer, per arrivare poi ad una corale Jesus, Etc. da brividi. Concerto che si chiude in crescendo con la carica rock’n’roll del medley Red-Eyed And Blue / I Got You (At The End Of The Century) e Outtasite (Outta Mind), sempre da Being There, fino all’apoteosi con la scalcinata ed irresistibile Hoodoo Voodoo, in omaggio al grande Woody Guthrie, con tanto di divertente siparietto danzereccio del tecnico delle chitarre, tra l’ilarità generale. I sei abbandonano infine la scena tra applausi scroscianti. Sei talenti fuori dal comune, fusi indissolubilmente tra loro in quello che è un magma sonoro capace sia di annichilire con la propria lacerante furia elettrica, impregnata di feedback, sia al contempo di incantare grazie a cristalline e fluttuanti melodie. Questo sono oggi i Wilco, ed attualmente non esiste altra band capace di eguagliarne la perfezione sonora. Concerto dell’anno?! La risposta del sottoscritto è…SI'!!!

SET LIST

Hell Is Chrome
Art Of Almost
I Might
Misunderstood
Bull Black Nova
At Least That's What You Said
Spiders (Kidsmoke) (semi-acoustic version)
Impossible Germany
Born Alone
Laminated Cat (Loose Fur cover)
Open Mind
Hummingbird
Handshake Drugs
Box Full Of Letters
Capitol City
War On War
Dawned on Me
A Shot in the Arm


Encore:

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