mercoledì 25 settembre 2013

Papermoons - No love

(Pubblicato su Extra! Music Magazine)

Indie folk, ovvero l’etichettatura musicale oggi più utilizzata, nonché abusata, dagli addetti ai lavori nel recensire il sempre maggior numero di uscite discografiche provenienti da una ramificazione della musica “alternativa” che ha visto, mai come in questo ultimo decennio, un continuo “sbocciare” tanto di band quanto di solitari artisti, dediti a questa materia sonora, sdoganata anni or sono da uno sparuto gruppo di imberbi pionieri, ed ora ragion d’essere per altrettanti “ragazzotti di belle speranze”. Purtroppo in quel grande“guazzabuglio sonico”, che è diventato per l’appunto oggi l’indie folk, a farla da padrone è spesso un mero derivatismo, se non una vera e propria scopiazzatura, da parte delle nuove leve, degli stilemi dei “capofila”, oggi per lo più assurti a fama internazionale, mentre è sempre più raro imbattersi in nuove “creature di alternatività folkie” trasudanti se non originalità perlomeno un pizzico di personalità. Esistono tuttavia anche “creature ibride”, che sembrano aver trovato la propria ideale collocazione su coordinate geografico-musicali giusto al confine tra la libera ed originale espressione del proprio estro creativo, e il ricalcare, pedissequamente, le gesta dei propri predecessori. Una “terra di mezzo” nella quale hanno deciso di stabilirsi i texani Papermoons arrivati oggi con No Love, dopo il debutto New Tales del 2009, alla loro seconda prova discografica. Il duo di Austin, la cui ragione sociale è democraticamente divisa tra Matt Clark e Daniel Hawkins, possiede infatti le caratteristiche “genetiche” tipiche del genere in questione, ovvero architetture di stampo elettroacustico, melodie d’ampio respiro, saliscendi armonici e ritmici, e più corpose aperture rockiste, alle quali si aggiungono un ben calibrato uso delle armonie vocali, autentico canale emozionale della loro proposta sonora. Fedeli osservanti della filosofia “less is more”, i due americani danno infatti vita ad evanescenti aure folkie, scalfite da volute elettriche di mai eccessiva invasività, il tutto sublimato in una musicalità avvolgente, dove le liriche, scandaglianti in egual modo tristezza e speranza, emergono in tutta la loro profondità; come in Deep Blue, che da un feedback chitarristico iniziale si sviluppa sull’ossessiva reiterazione dei riff della chitarra medesima, stemperandosi nella corso della narrazione sonora in soffuse oasi acustiche, per raggiungere il proprio climax, elettrico, nel finale. Sulla falsariga di quest’ultima sono sia Ghost, dall’inizio attendista, per poi abbandonarsi ad ombrose perdizioni rock, che Goodnight Son, tra sventagliate chitarristiche e lancinanti assoli, con il percuotere della batteria di Hawkins a costruire una precisa trama ritmica; fino a giungere all’ipnotico dipanarsi di Heart/Brain, tra livore psichedelico e fluttuanti incroci vocali. Liricità vocale che raggiunge tuttavia il proprio zenit negli episodi di maggior introspezione, o di più rigorosa attinenza al verbo indie folkie, quali la meravigliosa Cold Dark Moon, acquerello acustico dipinto dal lieve arpeggiare della chitarra acustica, con la sei corde elettrica ad abbellire il tutto con eterei ricami melodici; o nella quiete pastorale di una Pining solo nel finale nuovamente attorniata da temporaleschi bagliori elettrici. Non poteva mancare, sempre per la “legge del derivatismo” di cui sopra, un rimando, e neanche tanto velato, ai “pesi massimi” Mumford and Sons, il cui enfatico crescendo elettroacustico pare essere diventato un vero e proprio trademark sonico del genere in esame (equiparabile, con i dovuti distinguo d’importanza storico-musicale, al Boom chicka boom di cashiana memoria), e viene dal duo ben fagocitato e riproposto nella conclusiva Lungs. Niente di nuovo sul fronte dell’indie folk dirà qualcuno, certo aggiungiamo noi, ma i Papermoons, pur navigando sicuri su rotte già tracciate, ed ampiamente percorse da altri, sono riusciti a forgiare un album di assoluta godibilità, nel quale lucidità esecutiva e ispirazione compositiva sono indissolubilmente legate.

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