martedì 17 settembre 2013

Diodato - E forse sono pazzo

(Pubblicato su Extra! Music Magazine)

L’urgenza espressiva e la passionalità tipica dei vent’anni, unite ad un songwriting che invece tradisce, per maturità, l’imberbe età anagrafica; ecco descritto in poche parole quanto contenuto in E Forse Sono Pazzo, opera prima a marchio Diodato. Un esordio a dir poco spiazzante per la forza delle proprie architetture
sonore, e per una voce, quella del giovane cantautore romano, capace di volteggiare libera verso altitudini d’inedita forza espressiva. A questo si aggiungono un pugno di composizioni frutto di una fervida vena autoriale, in grado di intrecciare, con sorprendente naturalezza, la forza propulsiva del rock, dalle più differenti ascendenze stilistiche e geografiche, con la suggestione melodica del cantautorato nostrano.
Appartiene ai primi una Ma Che Vuoi che saccheggia a piene mani il rifferama recente delle ‘Regine dell’Età della Pietra’, così come una graffiante e sincopata Se Solo Avessi Un Altro ingloba in essa i fantasmi del primigenio rock’n’roll. La caratura interpretativa di Diodato ha modo tuttavia di manifestarsi appieno nei brani di maggior dilatazione sonica, come la title track, ballata dall’immaginifica impalpabilità, o in Ubriaco che, nel suo lento volteggiare armonico, mostra come le radici cantautorali del nostro siano ben piantate nel fertile terreno nostrano. E se le due anime sonore, fin qui descritte, in solitaria sanno regalare momenti di ottima musica, quando si incontrano il risultato va ben al di là della somma delle singole parti, come si può evincere in Capello Bianco, per costruzione e resa sonora l’apice dell’intero album, o in una riuscita rivisitazione di Amore Che Vieni, Amore Che Vai, estrapolata dal repertorio deandreiano e pervasa da accecanti folgori elettriche. Frutto dei giovanili ascolti, e di una mai celata passione floydiana, è invece E Non So Neanche Tu Chi Sei, dove, complice anche l’avvolgente liquidità dell’hammond, il nostro compie il proprio, personale, viaggio sul “lato oscuro della luna”. Forse sarà davvero pazzo Diodato, ma nella sua lucida follia è riuscito a mettere a punto un esordio d’indubbio spessore, il quale merita, senza remora alcuna, di essere ascoltato ed assaporato in tutta la sua interezza.

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