martedì 21 ottobre 2014

Noura Mint Seymali - Tzenni

(Pubblicato su Extra! Music Magazine)


Se la Glitterbeat si è aggiudicata, quest'anno, il Womex Label Award, prestigioso premio riservato alle etichette discografiche operanti nell'ambito della “world music”, qualcosa vorrà pur dire. D'altra parte l'opera di ricerca e pubblicazione di “tesori” nascosti, da parte di quest'ultima ha saputo, fin dai suoi inizi, portare alla luce vere e proprie gemme sonore, estratte da un terreno, quello africano, mai così fervido musicalmente. Dai Tamikrest, a Ben Zabo, passando per il progetto “meticcio” Dirtmusic, sono solo alcuni degli artisti aventi trovato nella casa discografica tedesca un ideale “rifugio”, grazie ad un rapporto d'interscambio culturale alla pari, i cui maturi frutti sonici sono state alcune delle più interessanti release in ambito “world”, pur essendo quest'ultima una castrante e non esaustiva definizione, di questi ultimi anni. Una moderna spedizione etnomusicologica che raggiunge oggi, dopo aver esplorato a lungo il deserto del Mali, anche la vicina Mauritania, terra natia di Noura Mint Seymali. Figlia d'arte, con il padre Seymali Ould Ahmed Vall rinomato musicista, nonché tra i primi fautori di un sistema di annotazione delle melodie arabe, e la matrigna, Dimi Mint Abba, apprezzata cantante, Noura ha iniziato la propria carriera musicale prestando la sua voce, durante i concerti, proprio a quest'ultima, prima di dedicarsi ad una personale “modernizzazione” della musica tradizionale del suo paese natio, attraverso un'ardimentosa commistione con sonorità occidentali, mantenendo tuttavia intatta l'arcaica potenza narrativa dei leggendari griot. Dopo alcune pubblicazioni a livello locale, oggi, con il patrocinio della Glitterbeat, Seymali esordisce, a livello internazionale, con Tzenni, album nel quale, con l'aiuto del marito, ed eccellente chitarrista Jeiche Ould Chighaly, infonde, per l'appunto, nuova vita alle antiche sonorità mauritane. Melodie pentatoniche, caratterizzanti quest'ultime, aventi molto in comune con il blues, in una sorta d'ideale “ponte sonoro” tra i due continenti, africano e americano, ulteriormente enfatizzato dall'apporto percussivo d'una sezione ritmica, composta dalla batteria di Matthew Tinari e dal basso di Ousmane Tourè, dalle palpabili sincopi funk. A tracciare l'abbacinante linea melodica è, altresì, la sei corde elettrica di Chighaly, impegnato anche al tidinite, tra fraseggi arabi e libere digressioni d'acidità bluesy, in un continuo rincorrersi con il risuonare delle corde dell'ardine della stessa Seymali. É tuttavia la voce di quest'ultima, capace d'una straordinaria estensione glottidale, l'autentico fulcro “narrativo”, nel suo mantrico esplicare, in un continuo cambio di registri e tonalità, liriche pregne di tematiche d'antica fascinazione, legate indissolubilmente alle vicende politiche e religiose dello stato sub-sahariano che le ha dato i natali. Lo stesso titolo dell'album, Tzenni, rimanda ad una danza atavica, così come alla rotazione costante della Terra intorno al Sole, all'avvicendarsi del giorno e della notte, in un'ancestrale, catartico, riallacciarsi tribale con i solenni ritmi della terra. Una musica atemporale quella della Seymali, indissolubilmente legata alle sonorità desertiche, ma filtrata e riproposta secondo un'ottica “modernista”, in modo da essere, universalmente, compresa. Musica che abbisogna di un incondizionato abbandono, di un lasciarsi irretire, senza preconcetti, dalle sue avviluppanti trame, per ritrovarsi, una volta terminato l'ascolto, emotivamente e culturalmente arricchiti.


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