(Pubblicato su Extra! Music Magazine)
Se l’EP Anima Latrina, composto per lo più di ballate lo-fi per sola chitarra e voce, aveva nella propria scarna musicalità la sua ragion d’essere, con il suo primo vero full lenght Mapuche, al secolo Enrico Lanza, vira verso nuovi multiformi e variegati territori sonori. Esemplificativo fin dal titolo, L’Uomo Nudo è un profondo ed introspettivo viaggio all’interno dell’anima dello stesso Lanza, con la sola musica come compagna fedele e affidabile guida. Undici canzoni sospese tra rabbia ed ironia attraverso le quali operare una disamina del proprio sé, allargando al contempo il campo d’analisi fino ad inglobare l’intera società e il mondo circostante. Prodotto e registrato presso il Vertigo Studio, tra il profumo dei limoni nella sperduta campagna siracusana, l’album vede la partecipazione sia in fase produttiva che esecutiva di Lorenzo Urciullo (aka Colapesce) e di Toti Valente, ai quali si affiancano alcuni ospiti di rilievo, Carlo Barbagallo e Cesare Basile su tutti. Quello che tuttavia colpisce fin dal primo ascolto, è la ruvida espressività vocale di Lanza, in grado di ricordare in più di un frangente sia Bugo che un giovane Rino Gaetano. Proprio a quest’ultimo sembra rifarsi lo scalcinato folk tinto di blues Il Dromedario, tanto da poter essere scambiato per una outtake dello stesso cantautore calabrese. Sulla medesima scia si sviluppa la title track, screziata nel suo lento incedere da ariose reminescenze pop. La Parte Peggiore fa propri gli insegnamenti della scuola cantautorale bolognese, riuscendo nel non facile compito di abbinare echi sonori di stampo gucciniano ad acide derive soniche. Fogna brilla invece per parsimonia musicale, nonché per la sofferta interpretazione vocale di Lanza, riportandoci in parte verso le atmosfere dimesse del precedente EP. In Quando Ero Morto convivono rimandi gaetaniani e aperture melodiche di stampo country folk, complice anche la chitarra slide di Carlo Barbagallo. La sommessa Malvolentieri inizia con un canto lamentoso, per poi concludersi tra le suadenti note del sax di Marco Filetti. Puro folk è L’Atto Situazionista, tra chitarra acustica, flauto e ukulele (quest’ultimo tra le mani di Cesare Basile), nonché l’apice musico-testuale dell’intero album, ulteriore prova di una raggiunta maturità in ambito compositivo da parte del cantautore siciliano. Chiusura affidata all’introspezione della soffusa Al Mio Funerale, piccolo acquerello acustico attorniato da parchi interventi strumentali e da un immaginifico coro. Non lasciandosi imbrigliare nei rigidi e formali dettami del cantautorato italico, Enrico Lanza continua a portare avanti imperterrito la propria libera e ribelle creatura musicale, infischiandosene di tutto e di tutti. Ad ascoltare quanto di buono è contenuto in L’Uomo Nudo, non possiamo che dare ragione al cantautore siciliano, nella speranza che prosegua, anche in futuro, il suo cammino musicale nella medesima folle e affascinante direzione.
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